31 dicembre 2019 13:04

Il presidente iracheno Barham Saleh ha deciso di dimettersi se (ed è un grosso “se”) i principali gruppi parlamentari cercheranno di obbligarlo a sostenere la nomina di un primo ministro rifiutato dalle piazze. Ha rivolto la sua minaccia al parlamento e allo stesso tempo l’ha annunciata pubblicamente. Dopo le dimissioni del primo ministro Adel Abdul Mahdi il 30 novembre scorso il presidente Saleh si è ritrovato in guai seri, sotto la pressione del blocco politico filo-iraniano da un lato e dei manifestanti dall’altro. Secondo la costituzione irachena sarebbe lui a doversi assumere la responsabilità di nominare un primo ministro. Tutti i quaranta candidati presenti nella lista presentata al presidente sono stati respinti, o dai partiti politici o dalla piazza.

L’ultimo candidato promosso dal blocco filo-iraniano in parlamento (Al Benaa) è stato Asaad al Eidani, il governatore di Bassora, la seconda città più grande dell’Iraq, dove le proteste sono cominciate. Appena il suo nome è stato annunciato i manifestanti in piazza Tahrir hanno appeso degli striscioni con la faccia di Al Eidani sbarrata, rivolti verso la Green zone dei palazzi governativi.

Le dimissioni del presidente Barham Saleh rappresenterebbero un grosso problema per i principali partiti confessionali. Per l’Iraq ritrovarsi senza un presidente e senza un primo ministro vorrebbe dire perdere anche l’ultimo brandello della legittimità del sistema politico che ha governato l’Iraq negli ultimi sedici anni.

Dopo quattro esplosioni in un solo giorno, i manifestanti hanno lanciato una grande manifestazione per venerdì per chiedere elezioni anticipate e “salvare il paese dalle tragiche conseguenze di un regime corrotto”. Ormai sostituire il primo ministro non è più l’obiettivo prioritario dei manifestanti. Il fine ultimo e più importante sono le elezioni anticipate.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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