19 agosto 2020 16:31

Cento giorni dopo aver assunto il suo incarico da primo ministro dell’Iraq, Mustafa al Kadhimi ha mantenuto solo due delle sue 28 promesse. Altre quattro sono state solo parzialmente rispettate.

Nel discorso dopo l’investitura ottenuta dal parlamento iracheno il 9 aprile 2020, al Kadhimi aveva promesso 28 riforme riguardanti la politica, l’economia, la sicurezza e i servizi pubblici. Secondo una stima elaborata dal sito iracheno Al Aalam al Jadeed (Il nuovo mondo), il premier ha onorato solo il 7,1 per cento delle sue promesse, ne ha parzialmente rispettate il 14,3 per cento, mentre ha mancato di soddisfare il 78,6 per cento dei suoi impegni.

Appuntamento elettorale
Sul piano politico al Kadhimi ha mantenuto una promessa fissando per giugno dell’anno prossimo la data delle elezioni anticipate. Ma come può essere garantita la riuscita della tornata elettorale se esistono milizie armate e armi che sfuggono al controllo dello stato?

Rispetto alle relazioni internazionali dell’Iraq, il premier ha ottenuto un parziale successo visitando l’Iran e programmando un viaggio negli Stati Uniti per il prossimo 20 agosto, ma non è riuscito a mantenere la sua promessa di proteggere la presenza militare e diplomatica statunitense nel paese. Secondo uno dei suoi consulenti, il piano del primo ministro consisterebbe nel limitare la presenza militare americana ma incrementare i rapporti economici concedendo agli statunitensi un maggior numero di contratti nel settore delle costruzioni.

In cima alla lista dei suoi fallimenti c’è la lotta alla corruzione e ai corrotti. Il premier ha fatto un primo passo nel mettere a freno le radici della corruzione portando sotto il controllo dell’esercito i porti di frontiera. Ma finora tutte le altre fonti di corruzione sono rimaste intatte, protette dai partiti al potere e dalle loro milizie.

La corruzione e le milizie restano le due sfide principali sulla strada verso le riforme. “Non sono un uomo dei miracoli”, ha dichiarato al Kadhimi. Per questo un parlamentare, Hassan Eqabi, l’ha accusato di essere “più coraggioso come attivista social che come primo ministro”.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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