07 settembre 2020 16:54

Nella prima mattinata del 19 agosto un aereo cargo militare statunitense, proveniente dalla California, è atterrato in un aeroporto iracheno con a bordo sei milioni di pagine degli archivi del partito di Saddam Hussein. L’archivio apparteneva al Baath, che per 35 anni ha governato il paese, e rappresenta “meno del 5 per cento dell’archivio politico generale”, come mi spiega il ricercatore Jamal Amidi. Il resto è stato saccheggiato durante i disordini dei giorni successivi all’invasione del 2003, sottratto dai partiti o scomparso.

Questa parte dell’archivio è stata salvata dal ricercatore Kanan Makiya e dall’attivista Mustafa al Kadhimi, oggi diventato primo ministro iracheno. I due intendono fare dell’archivio una parte della Fondazione per la memoria dell’Iraq, che dovrebbe documentare l’esperienza totalitaria del paese.

Rigidi controlli
Secondo Amidi “l’archivio si divide in tre categorie” di documenti: 160mila pagine riguardano gli anni successivi alla guerra del Golfo del 1991, e comprendono i nomi degli studenti, la loro affiliazione e le tendenze politiche delle loro famiglie; 2,7 milioni di pagine contengono la corrispondenza tra la sede centrale del partito e le sezioni locali. Tra queste c’è anche la corrispondenza tra la presidenza e i servizi di sicurezza; tre milioni di pagine riguardano i membri del partito e includono i profili dei quadri più importanti, e il loro retroterra politico e di sicurezza.

Questi sei milioni di pagine erano stati portati via dagli statunitensi per proteggerli dall’impennata di violenze nella capitale irachena e sono state conservate alla Hoover institution presso l’università di Stanford in California. L’accesso ai documenti è stato sottoposto a rigidi controlli. Come Makiya ha spiegato ai mezzi d’informazione, nessuno dei documenti è stato pubblicato online e i ricercatori che vi accedono devono accettare di non diffondere informazioni personali riguardanti comuni cittadini iracheni.

La consegna segreta rappresenta una dimostrazione di buona volontà da parte degli Stati Uniti ed è parte dell’accordo raggiunto tra Washington e l’Iraq nel corso della recente visita del primo ministro iracheno al Kadhimi a Washington. Ma “è troppo presto per aprirlo al pubblico. Altrimenti tutti potrebbero usarlo contro i rispettivi avversari”.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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