L’edificio è un lungo parallelepipedo dipinto d’azzurro. Sopra le finestre chiuse da una grata campeggia la scritta “Dalla borgata per la borgata” e sotto, in corsivo, quasi una firma, “Quarticciolo”. Si varca un cancello a sinistra, pochi passi in un giardino e si entra in uno stretto corridoio con tante foto alle pareti. In bianco e nero, raccontano incontri di boxe e guantoni protesi in segno di vittoria. In una il ring è montato in una piazza gremita di spettatori: la piazza del Quarticciolo, appunto, il quartiere popolare della periferia est di Roma, tra via Prenestina e via Palmiro Togliatti.
Ed è forse lo stesso ring che ora è lì al centro di un enorme salone nel quale si sbuca dal corridoio. A sinistra pendono dal muro i sacchi da boxe e in fondo, colorate d’arancione, sono disposte attrezzature per il sollevamento pesi e altri esercizi.
È il primo pomeriggio ed è ancora presto perché nella Palestra popolare del Quarticciolo risuonino le voci di alcuni dei 160 iscritti ai corsi di quest’anno, in prevalenza ragazzi e perfino bambini che vogliono imparare a tirare di boxe. “Con loro s’instaura una relazione quasi familiare”, spiega Pietro Vicari, 35 anni, geografo e ricercatore al Politecnico di Milano, tra gli animatori del comitato Quarticciolo ribelle.
Che vuol dire? “Vuol dire che quando vengono ad allenarsi sappiamo se mangiano a sufficienza, se dormono con regolarità. E poi come sono i rapporti in famiglia, se vanno a scuola, se hanno bisogno di aiuto. La boxe è l’occasione per conoscerli, ma attenzione: gli allenamenti sono un affare serio, gli istruttori sono severi e preparati, alcuni hanno lavorato con la federazione e alle Olimpiadi di Parigi”.
Il modello della palestra prende spunto dalle analoghe strutture delle favelas brasiliane, dove si svolgono anche battesimi e matrimoni. Una bandiera brasiliana è appesa sulla parete dietro al ring, insieme a quella cubana e a quella palestinese. E come nelle palestre sudamericane, anche al Quarticciolo, dove il reddito medio annuo non supera i ventimila euro, quasi il 30 per cento dei seimila abitanti si ferma alla licenza elementare e solo il 9 per cento arriva alla laurea. Dal pugilato si passa ad affrontare il disagio abitativo, quello scolastico, e poi, come in una catena, la povertà materiale, la sofferenza mentale, la carenza di servizi, la dura consapevolezza di sentirsi lontani ed esclusi dalla città.
Che cosa ne sarà della Palestra popolare? Sopravvivrà come motore di tante iniziative diffuse nel quartiere (con una specie di welfare autoprodotto), sostenute da soggetti come la fondazione Charlemagne e la Tavola valdese, e in stretto rapporto con il dipartimento di studi urbani della facoltà di ingegneria della Sapienza? Il Quarticciolo potrebbe finire commissariato perché, come altre cinque zone (Scampia a Napoli, San Cristoforo a Catania, Borgo Nuovo a Palermo, Rozzano in provincia di Milano, e Rosarno in Calabria), anche qui sarà applicato il decreto Caivano, finanziato con 180 milioni di euro. Sarà quindi il commissario di governo, il prefetto Fabio Ciciliano, a decidere quali spazi abbandonati andranno ristrutturati, che cosa farne e a chi affidarne la gestione.
Ma si prevedono soprattutto sgomberi, azioni di polizia, contrasto a ogni forma di marginalità in nome del decoro e anche lotta allo spaccio; mentre sullo sfondo si stagliano gli inasprimenti di pena, soprattutto a carico dei minori, le restrizioni della messa in prova alternativa al carcere. Insomma, tutto l’armamentario da ordine pubblico che il governo ha costruito per intervenire nelle zone dove la sofferenza è alta.
Un piano che fa il paio con l’eliminazione dalla legge di bilancio del 2025 del credito d’imposta, che dal 2016 consente alle fondazioni bancarie di alimentare il fondo per il contrasto alla povertà educativa. Nei fatti, si tratta di tagliare per il futuro i finanziamenti alle iniziative che contrastano la dispersione scolastica, aiutando i ragazzi dei quartieri periferici a ottenere un sostegno psicologico o la possibilità di fare sport e attività creative e di affezionarsi a una scuola che venga incontro ai loro bisogni.
Militarizzazione e spaccio
Il Quarticciolo è una piazza di spaccio tra le più ricercate di Roma. Con l’aggravante, sottolineano alla Palestra popolare, “che negli ultimi anni si vende molto crack, che costa poco e si fuma qui, negli angoli bui del quartiere, accucciati vicino agli ingressi degli edifici”. La sera i consumatori, spesso giovanissimi, vagano da un pusher all’altro, sono inebetiti e aggressivi, e vanno compulsivamente a caccia di una dose di cui hanno bisogno quasi ogni venti minuti. Gli spacciatori vengono da altri quartieri, cambiano continuamente, sono sfrontati, e se qualcuno denuncia, bruciano auto e motorini oppure – è accaduto a metà gennaio – aggrediscono gli agenti di polizia con gli spray al peperoncino.
Ma come si fa a non pensare che militarizzando il quartiere si ottiene solo lo spostamento delle piazze di spaccio da un’altra parte? E che senso ha sgomberare quaranta famiglie che occupano l’edificio di un ex commissariato e che ora ospita anche un frequentatissimo doposcuola? È proprio questo il ragionamento che fanno alla Palestra popolare. “I servizi sanitari pubblici sono inesistenti o sono stati ridimensionati, il più vicino Sert dedicato alle tossicodipendenze ha in carico più di tremila persone”, aggiunge Vicari.
I piani del governo sono invece sostenuti da una parte del quartiere e da don Antonio Coluccia, il prete protagonista di rumorose incursioni. Arriva al Quarticciolo dall’altro capo di Roma di sera, in un’auto blindata e scortato dalla polizia. In bocca ha un fischietto, poi urla in un megafono agli spacciatori di andarsene. Non sono mancati tentativi di aggressione e tutto finisce con un video sui social, lontano dallo stile adottato dalla parrocchia del Quarticciolo, che si muove silenziosamente in parallelo ai ragazzi della palestra, oppure dai salesiani del vicino Borgo Don Bosco.
Fino all’imbrunire il Quarticciolo è quieto e desolato. Molte saracinesche sono abbassate. Funziona il teatro comunale – “ma per lo più gli spettatori vengono da altre zone di Roma”, dice Vicari –. La biblioteca però è chiusa in attesa di essere ristrutturata con i soldi del Pnrr. Ed è un peccato, perché, anche se in pochi, i ragazzi del quartiere la frequentavano. Vicari racconta di quando, nel 2015, è arrivato nella periferia romana insieme ad altri giovani: “Ci avevano colpito i conflitti esplosi in questa zona della città, a Tor Sapienza, a Torre Maura, dove viveva gente privata di tutto e dove si moltiplicavano le tensioni su giovani rifugiati o su famiglie rom. La nostra spinta era politica, ma tendeva a ricostruire uno spirito comunitario”.
Vicari vive al Quarticciolo e fa il pendolare con Milano. Il quartiere è l’ultima delle borgate romane costruite durante il fascismo. È sorto a partire dal 1939 e conserva l’assetto di un piccolo paese, con il suo rigore geometrico ingentilito da edifici color dell’argilla che non superano i quattro piani, disposti a distanze regolari e affacciati su giardini e alberature. Qui si custodisce la memoria degli agguerriti gruppi della resistenza, tra i quali spiccava quello guidato dal giovanissimo Giuseppe Albano, noto come il Gobbo, ucciso nel 1945 in circostanze mai chiarite. E nel dopoguerra il Quarticciolo è parte di quella “cintura rossa” che nelle periferie romane garantiva al Partito comunista massicci consensi.
Alle ultime europee, racconta Vicari, ha votato il 18 per cento degli aventi diritto. Eppure l’apprezzamento dei giovani della Palestra popolare lo si coglie girando per i pochi bar aperti oppure alla manifestazione contro il decreto Caivano, che si è svolta nel pomeriggio di sabato 18 gennaio, affollatissima, nonostante il freddo.
Abbiamo un piano
La palestra nasce nel settembre 2016, proprio mentre chiude la piscina comunale, in un locale caldaia di proprietà dell’azienda regionale per l’edilizia residenziale pubblica, l’Ater. “Era allagato, pieno di rifiuti e di siringhe. L’abbiamo occupato e restaurato. Appena aperta, la palestra aveva già 40 iscritti”, ricorda Vicari.
Dalla boxe si passa ad affrontare i problemi del quartiere. Si forma il doposcuola, si va a parlare con gli insegnanti e si analizza la piaga della dispersione scolastica. Nel febbraio 2018 un bambino arriva in palestra agitato: “Sono venuti i vigili a casa”. Da quel momento scatta un’ondata di solidarietà contro gli sgomberi con uso di blindati. Sorge un comitato di quartiere e si moltiplicano le denunce all’Ater sul degrado degli appartamenti.
“La cosa più urgente che ci chiedono è di essere ascoltati”, continua Vicari, “e così ci siamo fatti carico di aprire un dialogo con le istituzioni, considerate lontane anni luce”. Durante la pandemia molte donne vengono accompagnate al carcere di Rebibbia per avere informazioni sui parenti detenuti, mentre ci si organizza per far arrivare le badanti al lavoro con i taxi e si procurano strumenti informatici per la didattica a distanza. Nell’estate del 2020 monta la protesta di una sessantina di famiglie che vivono in condizioni terribili, in case di 27 metri quadrati. I ragazzi della palestra trattano con l’Ater, ottengono che a molti sia assegnata una casa provvisoria e che parta il cantiere delle ristrutturazioni (tuttora, però, miseramente fermo).
Le azioni si srotolano l’una nell’altra e nel quartiere si accendono tante luci. Il doposcuola è un porto sicuro anche perché, aggiunge Vicari, “qui non ci sono licei o altri istituti di secondaria superiore e l’unica scuola, che tiene insieme elementari e medie, la Pirotta, ha subìto un drastico ridimensionamento”. Nel frattempo la palestra si trasferisce nella sede attuale e viene allestito un ambulatorio, nel quale ci sono un pediatra, un nutrizionista, uno psicologo, un medico di medicina generale.
Tutte queste iniziative confluiscono in “Abbiamo un piano”, una mappa degli interventi necessari a rigenerare non solo fisicamente il Quarticciolo. Contemporaneamente, si è stretto il rapporto tra le associazioni e l’università, che a sua volta nell’ottobre 2022 ha siglato un accordo con l’assessorato all’urbanistica del comune. Pur faticosamente, un processo è partito. Con il contributo dei ricercatori della Sapienza, diretti da Carlo Cellamare, e coinvolgendo bambini e insegnanti, è stato ripulito un piccolo parco dietro alla palestra che ospita iniziative scolastiche e che è stato intitolato al partigiano Modesto Di Veglia.
Nel parco si spacciava ed era percepito come un luogo da evitare. Ora i lavori non sono conclusi, ma il parco è tornato vivibile e, nelle intenzioni dei progettisti, può essere parte di un complesso sportivo che si estende alla piscina (ancora da ristrutturare) e a un campo di calcio.
Uno dei punti chiave del progetto che accomuna il laboratorio universitario, le associazioni e l’assessorato è il lavoro. “Fare rigenerazione è un’espressione che non ha senso senza sostegni all’economia che resiste e per crearne di nuova”, insiste Cellamare. E così è stata avviata una comunità energetica a cui partecipano sette attività commerciali e una ventina di famiglie, con un impianto da 30 chilowattora. Muovono i primi passi un birrificio, poi una stamperia e quindi un catering.
Il progetto più impegnativo riguarda alcuni capannoni usati dal Teatro dell’Opera come magazzini per le scenografie. Qui, racconta Cellamare, “si può realizzare una cittadella delle arti e dei mestieri legati agli spettacoli teatrali, con un museo delle scenografie e dei costumi, una scuola di recitazione e laboratori artigianali. Faremmo convergere le necessità del Teatro dell’Opera con la domanda di riqualificazione e di spazi della microimpresa locale, oltre a fornire, da questa periferia, un’offerta culturale alla città”.
Con il decreto Caivano cosa ne sarà di quello che si è fatto e che ancora si può fare al Quarticciolo? Il sindaco Roberto Gualtieri ha incontrato il sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano. “Abbiamo esposto le nostre idee”, dice Gualtieri, “e quello che vorremmo fare su illuminazione pubblica, strade, marciapiedi, piazze e aree verdi, edilizia scolastica, impianti sportivi, attività commerciali, edilizia popolare, sostegno all’economia locale, atelier creativi e culturali”, dice Gualtieri. Ma le associazioni vedono messo a rischio il loro ruolo, le iniziative realizzate e quelle progettate. “Per quanto ci riguarda non c’è questo rischio”, replica il sindaco.
“Il decreto del governo prevede che gli interventi siano predisposti dal commissario d’intesa con il comune. E noi intendiamo fare fino in fondo la nostra parte coinvolgendo nell’elaborazione del piano le realtà locali, la biblioteca, il teatro e il municipio, salvaguardando anche il modello di governance condiviso con le comunità locali e l’università nelle fasi di copianificazione e coprogettazione. Se, come si dice, c’è un ‘metodo Giubileo’ da preservare, basato sulla leale collaborazione tra le istituzioni, siamo i primi a volerlo vedere applicato anche al Quarticciolo. Non si possono calare scelte e obiettivi senza tenere conto delle associazioni e del comitato di quartiere. Al Quarticciolo c’è un assedio della criminalità organizzata, si rompe questa morsa solo con un’alleanza forte con gli abitanti e le forze dell’ordine”.
Eppure, le norme volute dal governo parlano di inasprimenti penali soprattutto a carico dei minori. “Se si vuole contrastare il reclutamento di minori da parte dei clan bisogna innanzitutto offrirgli delle alternative sul piano educativo, sociale ed economico affiancando al contrasto alle attività criminali l’offerta di strumenti e opportunità di socializzazione, di lavoro, di accesso alla cultura e allo sport. Molte cose importanti che stiamo già facendo vanno in questa direzione, dal recupero della piscina, grazie all’impegno di una cooperativa di ex dipendenti che ha trovato i fondi (la gara dei lavori arriverà nelle prossime settimane), alla trasformazione dei magazzini del Teatro dell’Opera, fino alla riqualificazione delle case popolari di nostra proprietà, anche se la maggioranza sono della regione. Le risorse del decreto, se ben utilizzate, ci danno l’opportunità di integrare questi interventi con un piano più ambizioso che potrebbe davvero rappresentare una svolta per il Quarticciolo”, conclude Gualtieri.
La partita del Quarticciolo è alle prime battute, ma si capirà presto se il “modello Giubileo” e la “leale collaborazione” penderanno più dalla parte di chi vuole sgomberare doposcuola e comitati di quartiere, o di chi da anni li promuove per dare un’alternativa e liberare il quartiere dallo spaccio.
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