Kalk Bay, Città del Capo, Sudafrica (Gianluigi Guercia, Afp)

Il 20 settembre decine di stati hanno cominciato a firmare il primo trattato internazionale sulla protezione dell’alto mare, alimentando le speranze che possa entrare presto in vigore. L’obiettivo è proteggere gli ecosistemi marini a rischio, che sono fondamentali per il pianeta.

“È straordinario essere qui ad assistere a questo momento di cooperazione multilaterale”, ha dichiarato l’attrice Sigourney Weaver, presente all’inaugurazione delle firme a New York. “Il trattato segna un cambiamento nel modo in cui consideriamo l’oceano, da discarica a luogo di cui prenderci cura”.

Circa settanta paesi hanno firmato il trattato il primo giorno, tra cui Stati Uniti, Cina, Australia, Regno Unito, Francia, Germania e Messico, oltre all’Unione europea.

I paesi firmatari dovranno poi ratificare il trattato in base alle proprie procedure interne. Il trattato entrerà in vigore centoventi giorni dopo la ratifica da parte di sessanta paesi.

“Gli oceani hanno urgente bisogno di essere protetti”, ha dichiarato il vicepremier belga Vincent van Quickenborne.

Le Nazioni Unite hanno approvato a maggio, dopo quindici anni di negoziati, il primo trattato sulla protezione dell’alto mare, anche se la Russia ha espresso alcune riserve.

L’alto mare è definito come quella parte dei mari e degli oceani che si trova oltre le zone economiche esclusive degli stati, che arrivano fino a 370 chilometri dalle coste, coprendo quasi metà della superficie del pianeta.

Nonostante questo, è stato a lungo ignorato nelle discussioni sull’ambiente.

Uno strumento chiave del trattato sarà la possibilità di creare aree marine protette nelle acque internazionali. Oggi solo l’1 per cento è protetto.

Il trattato è considerato cruciale in vista di un futuro accordo sulla protezione del 30 per cento degli oceani e delle terre emerse entro il 2030, come concordato dai governi nel corso di una conferenza sulla biodiversità che si è tenuta a Montréal, in Canada, nel dicembre scorso.

Impatto ambientale

Mads Christensen, direttore esecutivo ad interim di Greenpeace international, spera che il trattato possa entrare in vigore nel 2025, quando in Francia si terrà la prossima conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani.

“Abbiamo meno di sette anni per proteggere il 30 per cento degli oceani”, ha detto. “Invitiamo tutti i paesi a essere ambiziosi e a ratificare il trattato velocemente. Non c’è tempo da perdere”.

Ma anche se il trattato ottenesse le sessanta ratifiche necessarie per entrare in vigore, molti paesi continuerebbero a non applicarlo. Gli ambientalisti vorrebbero invece che fosse sostenuto universalmente.

Gli oceani sono fondamentali per la salute del pianeta, in quanto ospitano una biodiversità, spesso microscopica, che fornisce metà dell’ossigeno respirato dalle specie terrestri. Sono anche fondamentali per limitare gli effetti della crisi climatica, contribuendo ad assorbire le emissioni di gas serra.

Il trattato introduce anche l’obbligo di effettuare valutazioni d’impatto ambientale per qualunque progetto in alto mare.

Riguarda quindi vari settori, dalla pesca al trasporto marittimo e all’estrazione mineraria in acque profonde. Riguarda perfino i programmi di geoingegneria che puntano a contrastare il riscaldamento globale.