Il leader separatista Umar Farooq (Tauseef Mustafa, Afp)

Il governo indiano ha liberato il 22 settembre Umar Farooq, influente religioso e leader separatista del Kashmir indiano, che era agli arresti domiciliari da più di quattro anni.

Farooq, 50 anni, era stato arrestato nel 2019 insieme ad altri leader politici e religiosi, e a migliaia di abitanti, quando il governo indiano ha sospeso l’autonomia del Jammu e Kashmir, uno stato a maggioranza musulmana.

Le autorità centrali hanno bloccato internet per mesi e rafforzato la presenza dell’esercito per contenere le proteste.

La maggior parte dei detenuti era stata nel frattempo rilasciata, ma Farooq era rimasto agli arresti domiciliari, non lontano dalla moschea che amministrava a Srinagar.

Il 22 settembre migliaia di fedeli si sono riuniti per vederlo recitare la preghiera del venerdì per la prima volta da 218 settimane.

La settimana scorsa un tribunale aveva chiesto alle autorità di spiegare i motivi della prolungata detenzione di Farooq, e poco dopo è arrivata la decisione di liberarlo.

“Questo periodo agli arresti domiciliari, e di separazione dai fedeli, è stato il più doloroso per me dalla morte di mio padre”, ha detto, scoppiando a piangere.

La moschea di Farooq è stata per anni al centro di polemiche per le posizioni separatiste e anti-indiane.

Nel corso del suo discorso del 22 settembre, Farooq ha chiesto “il rilascio di tutti i prigionieri politici”.

La regione del Kashmir è divisa tra l’India e il Pakistan: entrambi i paesi rivendicano l’intero territorio e hanno combattuto due guerre per assumerne il controllo.

Una violenta insurrezione scoppiata nel Kashmir indiano nel 1989 ha causato decine di migliaia di vittime tra soldati indiani, miliziani e civili.

Da quando New Delhi ha assunto il controllo diretto della regione, le violenze tra soldati indiani e separatisti si sono notevolmente ridotte.

Questo mese si è però registrato un aumento delle violenze: ci sono state almeno quattordici vittime, tra cui otto membri delle forze di sicurezza.