Il 10 ottobre i liberiani sono chiamati alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali: il favorito è l’attuale capo dello stato George Weah, ex stella del calcio, che affronta diciannove sfidanti.
Più di 2,4 milioni di elettori sono stati chiamati alle urne nel piccolo paese anglofono dell’Africa occidentale, che sogna pace e sviluppo economico dopo anni di guerre ed epidemie. Oltre al presidente, devono scegliere anche deputati e senatori.
“Voto per il futuro del mio paese”, ha affermato Agostina Momo, 18 anni, fuori da un seggio elettorale della capitale Monrovia. “Mi aspetto una bella lotta tra Weah e Boakai, il suo principale avversario”.
“Voto perché è mio dovere costituzionale e per il futuro dei miei figli e nipoti”, ha dichiarato Augustus Okai, 54 anni. “Spero che il prossimo presidente sia il migliore possibile”.
La Commissione elettorale nazionale (Cne) comunicherà i risultati a partire dall’11 ottobre, man mano che procede lo scrutinio, mentre i risultati definitivi arriveranno entro quindici giorni.
Tre morti nel nordovest
Le elezioni sono le prime a svolgersi senza la presenza nel paese della missione delle Nazioni Unite, istituita nel 2003 per garantire la pace dopo la guerra civile che ha causato più di 250mila vittime tra il 1989 e il 2003.
Gli scontri durante la campagna elettorale tra sostenitori del partito al potere e dell’opposizione hanno causato la morte di tre persone nel nordovest del paese. Altri scontri con feriti si sono verificati l’8 ottobre durante il comizio finale della campagna elettorale di Weah a Monrovia. Si temono quindi possibili violenze post-elettorali.
L’Unione europea, l’Unione africana, la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale e gli Stati Uniti hanno schierato degli osservatori, anche perché la Liberia appartiene a un’area del continente caratterizzata da frequenti colpi di stato.
Weah, eletto per la prima volta nel 2017, è molto popolare tra i giovani, anche per il suo passato calcistico. Unico vincitore africano del Pallone d’oro, ai tempi della guerra civile viveva all’estero.
L’8 ottobre ha attirato una folla enorme a Monrovia. “Vogliamo che resti presidente per altri sei anni”, ha dichiarato Theresa Sneh, 48 anni. “Ha mantenuto la pace, costruito strade e ridotto le tasse scolastiche. È un grande leader”.
L’ex attaccante del Milan è il candidato che ha avuto più visibilità durante la campagna elettorale. A Monrovia il suo ritratto è ovunque, accompagnato dallo slogan “vittoria al primo turno”.
Nel suo discorso ha elencato i successi ottenuti nel corso del primo mandato, ricordando lo sviluppo economico, il maggiore accesso all’elettricità e la costruzione di scuole e ospedali. In caso di rielezione ha promesso di costruire strade, creare posti di lavoro e portare avanti la lotta alla corruzione.
Joseph Kamara, 24 anni, ha affermato a bordo del suo keke, una triciclo che trasporta passeggeri, che Weah non ha fatto niente per lui: “I ragazzi sono in difficoltà e assumono droghe”. Anche se nel 2017 ha votato per Weah, questa volta voterà per Joseph Boakai, il suo principale avversario.
Boakai, ex vicepresidente (2006-2018), punta a prendersi la rivincita dopo la sconfitta al secondo turno nel 2017.
Boakai ha stretto alleanze con vari leader locali, tra cui l’ex signore della guerra e senatore Prince Johnson, che è molto influente nella provincia settentrionale di Nimba.
Boakai ha promesso di migliorare l’immagine della Liberia, di sviluppare le infrastrutture e di combattere la povertà. Ha accusato Weah di non aver fatto niente contro la corruzione. Cinque alti funzionari liberiani sono stati sanzionati da Washington negli ultimi tre anni.
Anche Alexander Cummings, filantropo ed ex dirigente della Coca-Cola, e l’avvocato per i diritti umani Tiawan Gongloe sperano di arrivare al secondo turno, che si svolgerebbe all’inizio di novembre.