Deir al Balah, nella Striscia di Gaza, 12 dicembre 2023. (Ashraf Amra, Anadolu/Getty Images)

Il 12 dicembre l’esercito israeliano ha intensificato la sua offensiva contro Hamas nella Striscia di Gaza, dove la popolazione sta vivendo “un inferno sulla Terra”, secondo un funzionario delle Nazioni Unite, cercando di sfuggire alle bombe in condizioni umanitarie sempre più disperate.

I combattimenti infuriano intorno a Khan Yunis, nel sud della Striscia, dove centinaia di migliaia di civili si erano rifugiati per sfuggire all’offensiva israeliana nel nord.

Costretti a fuggire di nuovo, stanno raggiungendo campi improvvisati nella vicina città di Rafah, al confine con l’Egitto, dove il cibo scarseggia nonostante la distribuzione di aiuti umanitari.

“Gaza è l’inferno sulla Terra”, ha affermato il 12 dicembre Philippe Lazzarini, direttore dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi.

“La tragedia si sta aggravando”, ha aggiunto sul social network X. “La gente vive per strada e manca tutto”.

Il ministero della salute di Hamas ha affermato il 12 dicembre che l’esercito ha lanciato un attacco contro l’ospedale Kamal Adwan, nel nord della Striscia di Gaza, dopo averlo assediato e bombardato per giorni.

Nella parte sud della Striscia i bombardamenti israeliani hanno causato decine di vittime a Khan Yunis e a Rafah.

La mattina del 12 dicembre i sopravvissuti a un bombardamento notturno sul quartiere Zorob, a Rafah, stavano cercando di rimuovere le macerie delle loro case a mani nude, secondo alcune testimonianze raccolte dall’Afp.

“Ci sono persone sotto le macerie”, ha dichiarato Abu Jazar, un abitante di 23 anni. “La protezione civile sta cercando di aiutarci, ma mancano le attrezzature”.

All’ospedale Al Najjer di Rafah, Hani Abu Jamea piangeva mentre teneva in braccio il corpo, avvolto in un sudario bianco, della figlia Sidal, uccisa dalle schegge di un’esplosione mentre dormiva in una tenda. Nella stanza dell’ospedale c’erano altri dieci corpi allineati.

Rafah è diventata un enorme campo profughi improvvisato, dove centinaia di tende sono state erette in tutta fretta usando scarti di legno, teli di plastica e lenzuola.

“Non c’è igiene e mancano cibo e acqua”, ha dichiarato all’Afp Samar Shalhub, una ragazza di 18 anni. “Non ci sono assorbenti, quindi dobbiamo usare degli stracci”.

Secondo le Nazioni Unite, gli aiuti umanitari continuano ad arrivare troppo lentamente, a causa dei controlli israeliani, e non possono essere distribuiti al di fuori di Rafah.

L’11 dicembre l’esercito israeliano ha annunciato di aver creato un nuovo posto di controllo per accelerare le consegne.

18.412 vittime

L’esercito ha annunciato di aver scoperto circa 250 razzi, granate e lanciarazzi pronti all’uso, oltre a un centro di produzione di armi.

“Stiamo conquistando le ultime roccaforti di Hamas”, ha dichiarato l’11 dicembre Yoav Gallant, il ministro della difesa israeliano. “Il gruppo è vicino al punto di rottura”.

Dopo che l’8 dicembre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha respinto la proposta di chiedere un cessate il fuoco, a causa del veto degli Stati Uniti, l’assemblea generale discuterà del conflitto il 12 dicembre.

La bozza di risoluzione che potrebbe essere votata dall’assemblea generale chiede un immediato cessate il fuoco umanitario e il rilascio di tutti gli ostaggi.

Secondo le autorità di Hamas, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha causato finora la morte di 18.412 persone. L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha invece causato circa 1.200 vittime in Israele.

Secondo le Nazioni Unite, dall’inizio del conflitto 1,9 milioni di abitanti della Striscia di Gaza, cioè l’85 per cento della popolazione totale, sono stati costretti a lasciare le loro case. Più di metà delle abitazioni sono state distrutte o danneggiate.