Le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme per il rischio di carestia nella Striscia di Gaza, sottoposta il 22 dicembre a devastanti bombardamenti israeliani, mentre il Consiglio di sicurezza potrebbe approvare una risoluzione su un aumento degli aiuti umanitari.

Secondo il ministero della salute di Hamas, 390 abitanti della Striscia sono rimasti uccisi nelle ultime quarantott’ore, decine dei quali il 22 dicembre a Rafah, a Khan Yunis, a Gaza e a Jabalia.

Il 22 dicembre l’esercito israeliano ha affermato di aver ucciso “più di duemila terroristi” nella Striscia di Gaza dal 1 dicembre.

Secondo le autorità di Hamas, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha causato finora la morte di 20.057 persone. L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha invece causato circa 1.140 vittime in Israele, secondo un conteggio dell’Afp basato sugli ultimi dati israeliani disponibili.

Circa 250 ostaggi sono stati rapiti da Hamas il 7 ottobre, 129 dei quali sono ancora detenuti nella Striscia, secondo le autorità israeliane.

Intanto, le agenzie delle Nazioni Unite continuano a denunciare la catastrofe umanitaria in corso nella Striscia di Gaza.

“Nelle prossime settimane gli abitanti dovranno affrontare un alto rischio d’insicurezza alimentare, e perfino di carestia”, si legge in un rapporto del sistema di monitoraggio della fame delle Nazioni Unite, pubblicato il 21 dicembre.

“Secondo le previsioni, entro il 7 febbraio circa metà della popolazione si troverà in una ‘fase di emergenza’, cioè in condizioni di malnutrizione acuta ed eccesso di mortalità, mentre almeno una famiglia su quattro si troverà nella fase cinque, che corrisponde a condizioni catastrofiche”, prosegue il rapporto.

Gli aiuti umanitari, che devono essere autorizzati da Israele, stanno arrivando attraverso il valico di Rafah e quello aperto da poco di Kerem Shalom, al confine tra la Striscia di Gaza e Israele. Ma secondo le Nazioni Unite, stanno arrivando in quantità del tutto insufficienti e la loro distribuzione è ostacolata dai bombardamenti israeliani.

Inoltre, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha avvertito che solo nove dei trentasei ospedali del territorio sono ancora parzialmente funzionanti.

“La combinazione di fame e malattie potrebbe causare una quantità spaventosa di vittime”, ha aggiunto l’Oms.

Secondo le Nazioni Unite, dall’inizio del conflitto 1,9 milioni di abitanti della Striscia di Gaza, cioè l’85 per cento della popolazione totale, sono stati costretti a lasciare le loro case.

Molti di loro sono dovuti fuggire più volte e si trovano ora in campi improvvisati senza elettricità e con carenze di acqua, cibo e medicinali.

Posizioni distanti

Proseguono intanto i negoziati per una nuova tregua nella Striscia di Gaza, dopo quella durata una settimana, dal 24 novembre al 1 dicembre, che ha permesso di rilasciare 105 ostaggi e 240 detenuti palestinesi, oltre a garantire l’ingresso di una quantità maggiore di aiuti umanitari.

Il leader di Hamas Ismail Haniyeh, che vive a Doha, si trova al Cairo per alcuni colloqui con il mediatore egiziano, mentre Israele ha aperto un canale di comunicazione con il Qatar e gli Stati Uniti, altri due mediatori.

Ma al momento le posizioni rimangono distanti. Hamas chiede la fine dei combattimenti prima di qualunque negoziato sugli ostaggi. Israele è favorevole a una breve tregua, ma esclude di mettere fine all’offensiva prima della distruzione di Hamas.

Il 22 dicembre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe approvare, dopo quattro giorni di difficili negoziati, una risoluzione sul conflitto tra Israele e Hamas. Il nuovo testo avrebbe ricevuto il via libera di Washington dopo la rinuncia dei proponenti a chiedere la fine delle ostilità.