Un incendio nel Parco nazionale della foresta di Dadia-Lefkimi-Soufli, in Grecia, settembre 2023. (Sakis Mitrolidis, Afp)

Nel 2023 gli incendi hanno distrutto quasi 400 milioni di ettari di foreste, provocato la morte di oltre 250 persone ed emesso 6,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (CO2).

Il continente americano ha vissuto una stagione di incendi boschivi da record, con quasi 80 milioni di ettari bruciati al 23 dicembre. Sono dieci milioni di ettari in più rispetto alla media annuale del periodo 2012-2022, secondo il Global wildfire information system (Gwis). Il motivo di questa impennata è il Canada, dove sono andati in fumo 18 milioni di ettari.

Gli incendi – che sono alimentati dalle condizioni meteorologiche più calde e secche causate dal cambiamento climatico – sono “incontrollabili” e “i sistemi di estinzione si sono dimostrati inefficaci”, spiega la geografa Pauline Vilain-Carlotti. Gli sforzi dovrebbero quindi concentrarsi sulla prevenzione piuttosto che sulla cura.

L’anno più letale

Novantasette morti e 31 dispersi negli incendi alle Hawaii dello scorso agosto, 34 morti in Algeria, almeno 26 in Grecia. Con oltre 250 morti in totale, il 2023 è stato l’anno più letale del ventunesimo secolo, secondo l’Emergency events database dell’Università cattolica di Lovanio.

“Questo tasso di mortalità è destinato ad aumentare”, osserva Pauline Vilain-Carlotti, con gli incendi che “si avvicinano pericolosamente alle aree urbane”. Quest’anno, oltre alle aree solitamente esposte, come i paesi del Mediterraneo, il Nordamerica e l’Australia, sono state devastate regioni più protette, come le Hawaii e Tenerife.

Più incendi ci sono, meno tempo ha la vegetazione per ricrescere e più le foreste potrebbero perdere la loro capacità di assorbire anidride carbonica. “Studi recenti stimano che gli incendi riducano lo stoccaggio di carbonio di circa il 10 per cento”, spiega Solène Turquety, ricercatrice del Latmos.

Inoltre, quando gli alberi bruciano, rilasciano nell’atmosfera tutta la CO2 che hanno immagazzinato. Ma con un impatto relativo: secondo il Gwis dall’inizio dell’anno gli incendi boschivi hanno rilasciato circa 6,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, rispetto ai 36,8 miliardi di tonnellate per l’uso di combustibili fossili e cemento.

In generale, circa l’80 per cento del carbonio generato dagli incendi boschivi viene riassorbito dalla vegetazione, che ricresce nella stagione successiva. Il restante 20 per cento, invece, contribuisce all’accumulo di CO2 nell’atmosfera, alimentando ulteriormente il riscaldamento globale.

Inquinamento atmosferico

Oltre alla CO2, gli incendi di foreste e vegetazione rilasciano una serie di particelle nocive, dal monossido di carbonio ad altri gas e aerosol. “Queste emissioni incidono significativamente sulla qualità dell’aria, per centinaia di chilometri nel caso degli incendi più estesi”, spiega Solène Turquety, sottolineando che hanno “un impatto immediato sulla salute” oltre che su “ecosistemi, proprietà e infrastrutture”.

Secondo uno studio pubblicato lo scorso settembre sulla rivista Nature, le popolazioni dei paesi più poveri, soprattutto dell’Africa centrale, sono più esposte all’inquinamento atmosferico causato dagli incendi rispetto a quelle dei paesi sviluppati.

L’Africa è il continente con il maggior numero di ettari di terreno in fiamme dall’inizio dell’anno (quasi 212 milioni), ma per Pauline Vilain-Carlotti non bisogna “dare troppo peso a questi incendi” perché non si tratta di “grandi incendi forestali” ma di tanti piccoli “incendi agricoli”. Sono pratiche “non dannose per le aree boschive perché sono controllate, monitorate” ed effettuate a rotazione, spiega la specialista.

Hanno un impatto sulla flora e sulla fauna, ma a medio termine “gli alberi ricominceranno a crescere, ringiovanendo la vegetazione” e aumentando la diversità della flora.