Il 5 gennaio l’esercito israeliano ha continuato a bombardare la Striscia di Gaza dopo che la sera del 4 gennaio, per la prima volta, il ministro della difesa Yoav Gallant ha presentato un piano preliminare per il dopoguerra nel territorio, che non prevede di affidare l’amministrazione né ad Hamas né a Israele.
Secondo il piano, che dovrà essere sottoposto al governo israeliano, l’offensiva militare nella Striscia di Gaza continuerà “fino al rilascio degli ostaggi, alla distruzione di Hamas e all’eliminazione di qualunque minaccia militare”, ha affermato Gallant.
“Al termine delle ostilità non ci sarà alcuna presenza civile israeliana nella Striscia di Gaza”, ha aggiunto Gallant, precisando che l’esercito israeliano “manterrà la sua libertà d’azione per prevenire eventuali minacce”.
“Gli abitanti della Striscia sono palestinesi e, di conseguenza, l’amministrazione sarà affidata a entità palestinesi, a condizione che non favoriscano azioni ostili e non minaccino Israele”, si legge nel piano, che non fornisce ulteriori dettagli.
Il governo israeliano appare comunque diviso sulla questione. In settimana il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, leader di una formazione di estrema destra, ha chiesto il ritorno dei coloni ebrei nella Striscia di Gaza e misure per “incoraggiare” gli abitanti palestinesi a emigrare.
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Intanto, la sera del 4 gennaio l’esercito israeliano ha condotto una serie di raid nel sud e nel centro della Striscia di Gaza. Al centro delle operazioni c’è sempre la grande città meridionale di Khan Yunis.
Secondo le autorità di Hamas, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha causato finora la morte di 22.438 persone, circa l’1 per cento della popolazione del territorio. L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha invece causato circa 1.140 vittime in Israele, secondo un conteggio dell’Afp basato sugli ultimi dati israeliani disponibili.
Centotrentadue ostaggi sono ancora in mano ad Hamas, secondo le autorità israeliane.
I rischi di un allargamento del conflitto sono aumentati dopo l’eliminazione, avvenuta il 2 gennaio a Beirut, in Libano, del numero due di Hamas, Saleh al Arouri, nel corso di un raid aereo attribuito a Israele.
“Il nemico pensa che l’assassinio di Al Arouri possa aiutarlo a piegare la resistenza e a imporre le sue condizioni, ma si sbaglia”, ha affermato il leader di Hamas Ismail Haniyeh. “Non rinunceremo mai alle nostre rivendicazioni e alle nostre scelte strategiche”.
Hassan Nasrallah, leader del gruppo libanese Hezbollah, alleato di Hamas e sostenuto dall’Iran, ha messo in guardia Israele da ulteriori interventi militari in Libano.
Il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano Herzi Halevi ha dichiarato che le truppe sono in stato di massima allerta al confine con il Libano, dove dall’inizio del conflitto gli scambi a fuoco sono stati quasi quotidiani.