La neve ha reso ancora più difficili i soccorsi in Giappone. (Philip Fong, Afp)

Il numero dei dispersi dopo il forte terremoto che ha scosso il Giappone centrale il 1 gennaio è triplicata, superando le trecento persone, secondo un bilancio provvisorio che indica che i morti sono 168.

Una settimana dopo il terremoto di magnitudo 7,5 che ha provocato 565 feriti, 323 persone risultano disperse, secondo un nuovo rapporto delle autorità locali.

La maggior parte delle persone di cui non si hanno più notizie sono della città di Wajima, una delle più colpite dal disastro, nella penisola di Noto, sul mar del Giappone. La città è stata teatro di gravi incendi.

Il terremoto, seguito da centinaia di scosse di assestamento, ha causato migliaia di frane e il crollo di edifici e strade in tutta la regione.

Inoltre si è scatenato uno tsunami con onde alte più di un metro anche sulla costa della penisola di Noto, una stretta striscia di terra lunga circa un centinaio di chilometri. La scossa è stata avvertita fino a Tokyo, a trecento chilometri di distanza.

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Le migliaia di soccorritori provenienti da tutto il Giappone, che continuano a cercare tra le macerie alla ricerca dei corpi, devono fare i conti con la neve caduta l’8 gennaio sulla regione, depositandosi in alcuni punti in strati di oltre dieci centimetri e con temperature che non superano i quattro gradi centigradi.

“Per tutti coloro che aspettano aiuto sotto le macerie e per le loro famiglie, per favore non rinunciate ai vostri sforzi”, ha esortato il primo ministro Fumio Kishida durante un incontro.

Si temono nuove frane dovute alle precipitazioni e la presenza del ghiaccio complicherà ulteriormente la circolazione sulle strade danneggiate dal sisma.

I servizi di emergenza continuano inoltre i loro sforzi per raggiungere più di duemila persone isolate a causa delle strade danneggiate dal terremoto, per consegnare cibo e attrezzature.

Hiroshi Hase, governatore della prefettura di Ishikawa, dove si trova Noto, ha sottolineato alla tv pubblica Nhk che è necessario “a ogni costo prevenire la morte” dei sopravvissuti al disastro, mentre nei rifugi governativi si trovano 29mila persone.

“Fornire alle persone la quantità minima di aiuti umanitari affinché possano sopravvivere è una sfida”, ha spiegato Hisayoshi Kondo, capo di una squadra di assistenza medica inviata sul posto, dicendo che “nelle aree isolate, la fornitura di acqua e cibo è ancora insufficiente”.