Migranti accampati al confine tra El Paso e Ciudad Juárez, 19 marzo 2024. (Justin Hamel, Reuters/Contrasto)

Il 19 marzo una legge del Texas che criminalizza l’ingresso illegale dei migranti dal Messico è stata nuovamente sospesa da una corte d’appello federale, rovesciando una precedente decisione della corte suprema degli Stati Uniti.

Poche ore prima la corte suprema, a maggioranza conservatrice, aveva revocato una prima sospensione della legge, dicendosi favorevole a consentirne almeno temporaneamente l’entrata in vigore, inizialmente prevista il 5 marzo ma bloccata da un tribunale federale del Texas.

Tuttavia, la sera del 19 marzo una corte d’appello federale ha nuovamente sospeso la legge.

Il governatore repubblicano del Texas, Greg Abbott, sostenitore di Donald Trump, ha più volte accusato il presidente democratico Joe Biden di “deliberata inazione” di fronte alla crisi migratoria, che lui descrive come “un’invasione”.

La legge Sb4, ratificata da Abbott a dicembre, crea un “reato d’ingresso illegale in Texas da un paese straniero”, punibile con pene fino a sei mesi di prigione che possono arrivare a vent’anni in caso di recidiva.

Il testo, che conferisce alle autorità statali il potere di arrestare i migranti ed espellerli verso il Messico, è contestato dal dipartimento della giustizia, oltre che da alcune ong e da una comunità locale.

Prima della nuova sospensione della legge, la Casa Bianca aveva contestato in un comunicato la decisione della corte suprema “di consentire l’entrata in vigore di una legge palesemente incostituzionale, che scatenerà il caos al confine meridionale del paese”.

Il 19 marzo il ministero degli esteri messicano ha invece avvertito che non intende accogliere eventuali migranti, anche di nazionalità messicana, espulsi dal Texas.

I tre giudici progressisti della corte suprema si sono dissociati dalla decisione presa a maggioranza dai sei giudici conservatori.