Il 17 gennaio l’ex primo ministro pachistano Imran Khan, detenuto dall’agosto 2023, è stato condannato ad altri quattordici anni di prigione per corruzione.

“Non sono interessato ad accordi con il governo per ottenere vantaggi personali”, ha dichiarato alla stampa Khan, che è ancora molo popolare nel paese, nell’aula di tribunale allestita nel complesso di Adiala, la prigione in cui è detenuto.

Anche la moglie di Khan, Bushra Bibi, è stata condannata a sette anni di prigione. Entrambi erano accusati di appropriazione indebita di fondi tramite la loro fondazione Al Qadir trust.

Naeem Panjotha, uno degli avvocati del Pakistan Tehreek-e-Insaf (Pti), il partito di Khan, ha dichiarato all’Afp che farà ricorso contro le condanne.

Dopo la sentenza Bibi, che era stata scarcerata a ottobre, è stata condotta in prigione.

A novembre la donna, che prima di sposare Khan era stata la sua consigliera spirituale, aveva condotto una grande marcia di protesta dei sostenitori del Pti fino alla capitale Islamabad.

Secondo alcuni analisti politici, l’obiettivo della nuova condanna, che sarebbe stata ispirata dall’esercito, è costringere Khan a ritirarsi dalla vita politica.

Il 16 gennaio Khan aveva rivelato sui social network che gli era stato “offerto un accordo per risolvere i suoi problemi legali”.

“Ma non ho fatto niente di male e non accetterò mai accordi di questo tipo”, aveva aggiunto.

Da quando è stato estromesso dal potere nell’aprile 2022, in seguito a una mozione di sfiducia, Khan ha lanciato dure accuse contro l’esercito, che ha un ruolo importante nella politica pachistana.

Il Pti, la principale forza d’opposizione, organizza regolarmente manifestazioni per chiedere la sua liberazione.

Nel luglio scorso un gruppo di esperti delle Nazioni Unite aveva definito la detenzione di Khan “arbitraria”.