Il 9 dicembre l’Unione europea (Ue) ha annunciato l’apertura di un’inchiesta sull’uso di contenuti online da parte di Google per i suoi servizi d’intelligenza artificiale (ia). L’obiettivo è verificare se siano state violate le regole della concorrenza.

“L’inchiesta rischia di soffocare l’innovazione in un mercato più competitivo che mai”, ha dichiarato all’Afp un portavoce dell’azienda tecnologica statunitense.

“L’ia fornisce servizi importanti a cittadini e aziende, ma questo non deve andare a scapito dei principi fondamentali della società europea”, ha dichiarato Teresa Ribera, vicepresidente della Commissione europea e commissaria della concorrenza.

“Dobbiamo capire se Google abbia imposto condizioni scorrette agli editori e ai creatori di contenuti, svantaggiando inoltre gli sviluppatori di modelli di ia concorrenti, in violazione delle regole dell’Ue”, ha aggiunto.

L’inchiesta lanciata dalla Commissione europea punta in particolare a verificare se Google stia danneggiando gli editori online e gli youtuber con l’uso dei loro contenuti per generare risultati di ricerca con l’ia.

Bruxelles teme inoltre che Google stia usando i video pubblicati sulla sua piattaforma YouTube per addestrare i suoi modelli di ia, senza dare a chi li ha creati la possibilità di opporsi o almeno di ottenere un risarcimento.

Inoltre, Google vieta espressamente ai suoi concorrenti di usare i video di YouTube per addestrare i loro modelli di ia, anche questa una possibile violazione delle regole della concorrenza.

Queste pratiche potrebbero costituire un abuso di posizione dominante, ha avvertito la Commissione.

L’inchiesta fa seguito a una campagna lanciata quest’estate da un’ong britannica, Foxglove, insieme a un’organizzazione di editori, la Independent publishers alliance, e al collettivo Movement for an open web (Mow).

A luglio avevano presentato una denuncia all’autorità britannica per la concorrenza Cma e alla Commissione europea, chiedendo un intervento “per impedire a Google di appropriarsi del lavoro di giornalisti professionisti per poi ripubblicarlo sotto forma di riassunti generati dall’ia, spesso pieni di errori”.

L’uso che le aziende dell’ia fanno dei dati disponibili su internet, compresi quelli generati dai mezzi d’informazione, per alimentare e addestrare i principali modelli di ia generativa, sono oggetto di varie controversie negli Stati Uniti e in Europa.

Vari titolari di diritti, tra cui scrittori, musicisti ed editori, hanno intrapreso azioni legali denunciando l’uso non autorizzato del loro lavoro.

Le aziende sostengono invece che l’uso di questi contenuti sia legittimo in base al concetto giuridico di “uso equo” (fair use, in inglese), che limiterebbe l’applicazione del diritto di proprietà intellettuale.

La settimana scorsa la Commissione europea aveva aperto un’inchiesta sulle funzioni di ia di WhatsApp, che fa parte del gruppo Meta.