30 aprile 2019 17:26

Il 2004 sembra cent’anni fa. Era l’anno in cui Ryan Trecartin (nato in Texas nel 1981), ancora diplomando alla Rhode Island School of Design, lavorava su A family finds entertainment, il film che lo lanciò da un giorno all’altro nel firmamento delle superstar dell’arte contemporanea. Sembra cent’anni fa perché i telefonini non erano ancora smart, YouTube non esisteva e gli americani ancora si chiedevano se convenisse mollare Friendster o MySpace per andare su un nuovo sito chiamato Facebook. Trecartin lanciò il suo film proprio su Friendster che usava come piattaforma per venderne copie riversate su dvd ai pochi schizzati a cui potesse interessare.

A family finds entertainment era un lavoro profetico: 40 minuti di iperaccelerazione in un mondo di cibernarcisismo e violenza verbale che sarebbe diventato il nostro ecosistema culturale, sociale e politico nel giro di dieci anni.

Trecartin non ha fatto altro che prendere la cultura dei reality show, frullarla con un occhio all’estetica del cinema underground e della performance art e un orecchio ben teso sul rumore bianco di glitch, interferenze e smagliature delle prime interazioni sociali nella rete. Il risultato è un incubo ipercinetico in cui creature dal genere fluido urlano direttamente in camera i mantra dei reality: “Sono me stesso!”, “Mi sto divertendo!”, “Sei una stronza! Sei falso!”, “Omg!”, “Wtf!”.

Il futuro visto prima di noi
Rivederlo oggi, 15 anni dopo, è una rivelazione: a sbraitare in quei video, imbrattati di colore e sangue finto, iperattivi, ipersessuati, iperabbronzati, strafatti di red bull e antidepressivi, ci siamo noi. Trecartin e la sua partner artistica Lizzie Fitch avevano visto il futuro e lo hanno saputo raccontare prima degli altri.

Whether line è la grande installazione video (aperta fino al 5 agosto) che Ryan Trecartin e Lizzie Fitch hanno realizzato per la fondazione Prada di Milano, a fronte di un finanziamento triennale della loro attività. Ed è anche un’occasione preziosa perché ha permesso una sorta di rallentamento, o meglio di dilatazione, dell’attività frenetica del duo e, come mostra il libro che accompagna la mostra, permette di mettere in prospettiva il loro lavoro oltre che, cosa apparentemente impossibile data la sua inafferrabile atomizzazione, storicizzarlo.

Whether line. (Ryan Trecartin e Lizzie Fitch, Fondazione Prada)

La pratica artistica di Trecartin e Fitch mescola installazione, cinema underground, videoarte e performance. I loro video, definiti “film” in quanto caratterizzati da copione, dialoghi e personaggi, sono proiettati in spazi immersivi chiamati “sculptural theatres”, teatri scultorei. Whether line è una riflessione su cosa significhi essere statunitensi oggi e sul rapporto che da sempre influenza la cultura americana tra uomo-pioniere e spazio naturale da conquistare e da abitare.

Whether line è un gioco di parole tra “whether”, se, e “weather” tempo atmosferico. Per realizzare il progetto Trecartin e Fitch hanno lasciato Los Angeles per immergersi nella realtà rurale di Athens, nell’Ohio. Hanno comprato un pezzo di terra e, da zero, hanno costruito una fattoria, rivivendo il mito del pioniere americano che sfida gli elementi per abitare uno spazio immenso, incontaminato e pieno d’incognite. Nei grandi spazi della fondazione Prada hanno ricostruito in scala quasi naturale la loro fattoria e hanno creato una sorta di parco tematico dell’americanità rurale.

L’architettura ha qualcosa di severo e di mormone, con le sue grandi assi di legno e i tetti spioventi. Prima di arrivare alla fattoria però siamo costretti a camminare in una gabbia-labirinto che ricorda sia un grande pollaio sia una struttura per i prigionieri tipo Guantanamo. Durante il percorso siamo bombardati da suoni confusi: dialoghi che si sovrappongono, voci inintelligibili, risate. È la cacofonia tipica dei film di Trecartin e Fitch, solo che qui siamo costretti a sentire solo le voci mentre guardiamo il cielo grigio da una rete.

Colpisce la grana di questi video, iperreali senza essere realistici: l’occhio percepisce i pixel quasi inconsciamente

Il primo sculptural theatre è una stanza con tante sedie a dondolo di legno: è una versione claustrofobica e al chiuso delle tipiche verande delle fattorie americane. Sullo schermo scorre un film che in modo caotico e rumoroso racconta la storia della proprietà in cui ci troviamo e delinea motivazioni e personalità di una serie di personaggi.

Come sempre nei film di Trecartin e Fitch i personaggi guardano in camera anche quando interagiscono tra loro e un montaggio schizofrenico ci porta a sentire varie volte la stessa battuta. Ed è irrilevante chi sia maschio o femmina: “I miei personaggi”, ha spiegato Ryan Trecartin in un’intervista, “possono identificarsi come maschi o come femmine ma la loro appartenenza a un determinato genere può essere disdetta in ogni momento”.

Proseguendo l’esplorazione della proprietà scopriamo una sala in cui sono proiettati grandi filmati di fiori, piante, alberi e arbusti agitati dal vento o sotto le intemperie. Colpisce la grana di questi video, iperreali senza essere realistici: l’occhio percepisce i pixel quasi inconsciamente.

Whether line. (Ryan Trecartin e Lizzie Fitch, Fondazione Prada)

È un’immagine della natura filtrata da una sorta di realismo digitale. Per qualche ragione ho pensato al realismo degli artisti della scuola di Barbizon che negli anni trenta dell’ottocento uscivano dagli studi per dipingere en plein air. Cercavano un rapporto diretto con la natura ma creavano un nuovo, meraviglioso artificio che avrebbe aperto la strada agli impressionisti.

L’intera tenuta di Athens è stata mappata da un esperto di videogiochi che ha collaborato con Fitch e Trecartin: il risultato è un territorio vero che diventa immaginario e che vediamo dipanarsi in un video che segue le peregrinazioni nei boschi del personaggio femminile interpretato da Trecartin.

Lo spazio ignoto ci si apre davanti come in una partita di Resident evil e il confine tra vero e immaginario è sempre più labile.

L’esperienza immersiva di Whether line è completata da una retrospettiva, nel cinema della fondazione, dell’intera produzione video di Fitch e Trecartin. È l’occasione per chiudere il cerchio e dipanare la matassa di temi ricorrenti, di tic e di premonizioni digitali che da 15 anni caratterizza il loro lavoro.

Unico avvertimento: un’ora di film di Fitch e Trecartin vi lascerà con le retine doloranti e quel senso di ottundimento che si può provare dopo una notte passata a giocare con uno sparatutto o a scorrere video porno. Il programma completo prevede 12 ore di film divise in tre programmazioni giornaliere.

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