25 gennaio 2019 15:13

Gentile bibliopatologo,
ero una lettrice accanita, capace di lasciare tutto il mondo fuori e immergermi in un libro come in un bagno bello caldo dal quale non uscire mai. Da quando però, un anno fa, è nata la mia bambina, sono diventata una lettrice saltuaria, capace ancora di abbandonarmi totalmente a un libro, ma alternando poi periodi di totale apatia letteraria. Recupererò mai più la mia antica e totale passione?

–Giorgia

Cara Giorgia,
dovrai accontentarti della risposta di un bibliopatologo maschio e senza prole; del resto son costretto a far tutto da solo, spostandomi da una sede all’altra per mulattiere sconnesse, come un antico medico itinerante o un periodeute in visita pastorale. Quando avrò fondato la mia casa di cura su una splendida villa in cima a una collina, ci sarà un’ala intera dedicata alle bibliopatologie post-partum, con fior di personale specializzato e attrezzature all’avanguardia: abbi fiducia, da questo traguardo ci separa appena qualche misero milione di euro, e ho già cominciato a mettere da parte i primi fondi in un salvadanaio a forma di porcellino approntato per lo scopo. Anzi, sono felice di informarti che ho raggiunto la somma necessaria per la targa di ottone all’ingresso! Il tempo di procurarmi una villa a cui attaccarla, e riceverai la prima brochure.

Da bibliopatologo maschio e senza prole, per l’intanto, rischio di impegolarmi in una variante più o meno emendata del detto caro a Nietzsche, aut liberi aut libri, o i figli o i libri, che di solito è associato alla scrittura, alla prolificità letteraria, ma che si adatta altrettanto bene alla lettura. Che fare, quando si è scelto uno dei corni dell’aut aut? Qualunque raccomandazione pratica ti farebbe sorridere di materna commiserazione, perché non ho idea di come funzioni la vita con una bambina di un anno, e se ti dicessi per esempio che puoi recuperare tempo per la lettura sottraendolo ad altre cose, probabilmente finirei travolto dagli sghignazzi unanimi di tutte le mamme del mondo.

Paul Biris, Getty Images

Ma pur non avendo figli ho uno smartphone, che a dispetto di quanto si crede non è l’erede del telefono, è l’erede del Tamagotchi, una bestiola vorace che reclama attenzioni con il piantarello ininterrotto dei trilli, delle notifiche, delle vibrazioni. E chi riesce a leggere più? Siamo, cara Giorgia, nella lunga traversata del deserto tra i pomeriggi infiniti dell’infanzia e i pomeriggi infiniti dell’età pensionabile, due fonti dove il tempo scorre quieto e quasi immobile, propizio ai bagni caldi della lettura. E sia, mi dirai tu spazientita, devo quindi aspettare la vecchiaia? Credo che l’attesa sarà molto più breve: fino al giorno, cioè, in cui potrai leggere alla tua bimba e insegnarle a leggere. I figli, per quel che ho congetturato osservando chi ne ha, sono un’occasione per ricominciare daccapo la propria vita di lettori; se preferisci, un’oasi nel deserto del tempo che consente di ristorarsi nel cammino affannoso tra l’infanzia e la vecchiaia, tra le prime e le ultime favole.

Pazienza se non sarà Balzac né Dostoevskij, e se all’inizio non sarà neppure Collodi; nello sguardo assorto di tua figlia che ti ascolta, e presto nell’immagine di lei che sillaba le prime filastrocche illustrate scordandosi del mondo e del tempo, tornerai a fare esperienza vicaria, e tuttavia rigenerante, della fase aurorale della tua vita di lettrice. Pochi sorsi d’acqua, magari: ma purissimi. Una reminiscenza dell’epoca in cui non serviva un intero romanzo di cinque o seicento pagine per immergersi nelle proprie acque mentali; in cui si era così piccoli che bastava la bacinella di una frase, se non addirittura di una parola dal suono strano e misterioso.

Quanto alle esigenze di lettrice adulta, che non trascuro, non posso che rimettermi e rimetterti alle tue abilità di pianificatrice, agli incastri virtuosistici tra baby sitter, nonni, zie, balie, asili, permessi, campi estivi, sinergie e congiure tra mamme. E se l’impresa dovesse rivelarsi impossibile, spero che per quella data la mia casa di cura bibliopatologica avrà inaugurato il reparto esaurimenti nervosi. Tutto quel che serve è una vasca da bagno, uno scaffale di romanzi ottocenteschi e una stanza dalle pareti imbottite in cui barricarsi per giorni. La chiave posso già permettermela; appena entro in possesso dei dettagli mancanti – la porta, la vasca, la villa – mi rifaccio vivo.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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