15 febbraio 2019 13:41

Gentile bibliopatologo,
ha qualche consiglio da darmi per superare o gestire quel fastidioso senso di vuotezza che coglie alla fine della lettura di un qualsiasi romanzo? Una specie di alienazione nostalgica che disorienta anche sul piano dello spazio-tempo, che complica perfino la deambulazione perché abbassa i livelli di propriocezione. Leggi l’ultima riga, rimani a fissare l’ultima pagina e gli occhi divengono istantaneamente pesanti, tanto quanto la testa si fa leggera e bianca come piuma, estinguendo ogni tipo di pensiero. Quel che resta è questa strana sensazione di spaesamento che può durare per giorni (per fortuna pochi).

-MariaGiovanna

Gentile bibliopatologo,
Dopo aver finito di leggere un libro particolarmente coinvolgente vorrei cominciarne subito un altro. Ma non trovando qualcosa che catturi il mio interesse al pari del testo appena concluso, vago confusamente da un titolo all’altro, leggo poche pagine, non porto a termine alcuna lettura. Questa ricerca frenetica e frustrante può durare settimane. Ho tentato diverse strategie (dopo un romanzo provo a passare a un saggio, o alla poesia, oppure a rileggere un altro libro altrettanto coinvolgente), ma nulla sembra funzionare. Come posso affrontare questa fase in maniera costruttiva?

-Diego

Cara MariaGiovanna, caro Diego,
ho fatto convolare le vostre lettere a nozze perché sono fatte l’una per l’altra, e se fossi un bravo paraninfo accompagnerei all’altare anche voi due. Ma intanto officiamo la cerimonia delle vostre bibliopatologie gemelle, cercando di capire se si tratti di un matrimonio o di un funerale.

I postumi (lo dice la parola) raramente sono una cosa allegra. E non solo i postumi della sbornia o il cosiddetto down da droghe. C’è la depressione post-partum, la depressione post-coitum e la depressione post-librum. Negli Stati Uniti le chiamano rispettivamente baby blues, post-sex blues e post-book blues.

Il jet-leg della lettura
Non credo che quest’ultima sia censita in qualche manuale diagnostico dei disturbi mentali, ma non c’è quasi lettore che non l’abbia sofferta. Si annuncia verso tre quarti del libro, quando lo spessore delle pagine residue si assottiglia: i più tenaci si impongono di centellinare quel che resta, ma presto o tardi l’appuntamento tanto temuto con la parola fine arriva. Che succede, poi? Succede che sulle prime siamo invasi da uno strano sollievo, quasi euforico: è il modo in cui la nostra mente cerca di ingannarsi, e di illudersi che non avrà nessun lutto con cui fare i conti. Solo quando la notizia che il libro è veramente finito viene recapitata dalla testa al cuore, appaiono i sintomi da cui vi aspettate sollievo.

Yulkapopkova/Getty Images

Il quadro è simile, ma non identico. Tu, MariaGiovanna, sprofondi in una malinconia stuporosa e greve, in un’abulia contro la quale senti di non poter nulla; ti immagino gironzolare per casa imbambolata, sbattendo contro gli stipiti di tutte le porte, mettendo il sale nel caffè, il dentifricio nel frigo e le pantofole nel forno, come sotto l’effetto di un violentissimo jet-lag (e in effetti, qualcosa accomuna il ritorno da terre lontane e il congedo da un libro in cui ci siamo molto addentrati).

Mentre in te, Diego, l’atterraggio dai cieli della finzione prende la ben nota forma del furor malinconico: non ti dai pace, saltabecchi da un libro all’altro, cercando di riacciuffare in tutti l’ombra di quello appena perduto. È un altro modo di affrontare il lutto – e vale per tutti i lutti.

Che fare? La mia risposta vi deluderà: niente. Non dovete fare un bel niente. Per spiacevole che sia, quella tristezza è il giusto prezzo da pagare per un’esperienza reale, viva, a cui avete partecipato con tutti voi stessi. Credevate, poveri illusi, che fosse gratis? Conoscete un solo caso di un grande amore che sia finito senza strascichi e dolori? O di un pranzo di Natale digerito in mezz’ora? Quanto più vertiginosa è stata l’ascesa, tanto più veemente sarà il tonfo. Perciò, non cercate mezzucci per riempire quel vuoto con libri succedanei: in queste cose non si bara. Andate dignitosamente listati a lutto per tutto il tempo che serve. Per fortuna, nel caso di un libro non si tratta di anni, ma di giorni o settimane.

Bibliopatologo, ma siamo da capo a dodici! Che posso rispondervi, miei cari promessi sposi: il bello di offrire cure gratuite è che puoi prenderti il lusso di essere perfettamente inutile.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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