14 marzo 2019 16:28

Gentile bibliopatologo,
mi accade spesso di trovarmi in una situazione assai bizzarra. Cerco nella libreria un volume che non consulto da un un po’ di tempo e, non essendo l’ordine dei libri il mio punto di forza, mi oriento in base al ricordo che ho della copertina e della costa. Ebbene, ciò che capita spesso (forse sempre più spesso) è che l’immagine mentale che conservo del volume si riveli poi del tutto differente dal suo aspetto reale. Mi trovo così a vagare a vuoto per gli scaffali per scoprire che il libro era praticamente sotto i miei occhi, ignorato per via di questo strano disturbo che forse chiamerei “biblioagnosia”. Si tratta di un disturbo grave? C’è forse un processo di rimozione alla sua origine? O qualche forma di transfert librario?

–Simone Pollo

Caro Simone,
Non so se sia biblioagnosia – termine che hai coniato, immagino, sul calco di prosopoagnosia, l’incapacità di riconoscere i volti noti – ma il tuo disturbo è senza dubbio una variante cartacea di quelle che gli psichiatri chiamano delusional misidentification syndromes (Dms), un termine ombrello sotto cui ricade un po’ di tutto, dall’uomo che scambiò sua moglie per un cappello a quello che credeva di essere circondato da replicanti alieni che avevano preso le sembianze dei suoi cari. È un disturbo grave, il tuo? Non credo. E se lo fosse, saprei curarlo? Nemmeno per idea. E perché non mi hanno radiato ancora da tutti gli albi professionali? Ecco, questa è una buona domanda.

Triade illuminante, ma non troppo
Quindi, sappilo fin d’ora, dopo aver letto questa risposta continuerai a non trovare i tuoi libri. Il meglio che posso fare, nel mio esercizio abusivo di una professione abusiva, è suggerirti un metodo per trarre qualche vantaggio dalla tua bizzarra sindrome. Facciamo un esempio. Stai cercando Padre e figlio di Edmund Gosse. Hai una vaga reminiscenza del colore del dorso, della collocazione approssimativa nel caos della tua libreria, sai che dovrebbe essere un Adelphi, ti pare di intravederlo là in alto, prendi la scala, vai ad afferrarlo e cosa trovi? Invito a una decapitazione di Vladimir Nabokov. Cosa direbbe il dottor Freud? La triade padre, figlio e decapitazione illumina qualcosa dei tuoi pensieri in ombra? Io dico che c’è materia per una pensosa sosta sul lettino.

Il mio consiglio, in breve, è questo: quando ti capita di scambiare un libro per un altro, invece di maledire il tuo rincitrullimento incipiente prendila come un’occasione di autoanalisi. Fermati a registrare le libere associazioni che quel cortocircuito biblioteconomico fa scintillare.

Matthias Haker, Getty Images

Ti accorgerai che sono all’opera i comuni meccanismi di condensazione e spostamento che generano le immagini oniriche. Potrebbe saltar fuori che il libro che ricordavi era in realtà un ircocervo di due o più libri diversi: il colore della copertina lo hai preso da Il cavaliere e la morte di Leonardo Sciascia, ma l’illustrazione era quella del Cavaliere inesistente di Italo Calvino, che hai confuso con Il diavolo in corpo di Raymond Radiguet, il tutto perché cercavi La carne, la morte e il diavolo di Mario Praz… quanto ti spillerebbe uno psicoanalista solo per districare questa trama di associazioni?

Non maledire la tua sbadataggine; pensa piuttosto che, mentre al piano nobile della tua mente prendevi fischi per fiaschi o Puškin per Crnjanski, laggiù nello scantinato il tuo inconscio, che non dorme mai e che la sa lunga, lavorava alacremente per tessere attraverso titoli, dorsi e copertine la tua biografia segreta.

Perciò, caro Simone, ogni volta che sbagli a prendere un libro, non rimetterlo subito al suo posto. Collocalo in uno scaffale apposito, e quando se ne saranno accumulati un po’ cerca di capire cosa tiene insieme le tue sviste. Potresti sorprenderti a constatare che, a dispetto delle apparenze, non sei tu a leggere i libri della tua biblioteca, ma sono loro a leggere te.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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