22 giugno 2017 16:33

A Variety sono persone serie. Se pubblicano una specie di classifica dei migliori film del 2017 è il caso di dargli un’occhiata. Più che una classifica, quella stilata da Peter Debruge e Owen Gleiberman è una lista, in ordine alfabetico, dei film più interessanti visti dai critici del giornale del cinema dall’inizio dell’anno. Unica eccezione all’ordine alfabetico è Get out di Jordan Peele, secondo loro il migliore di tutti, e di gran lunga.

In una doverosa premessa gli autori sottolineano che per arrivare alla fine del 2017 manca ancora parecchio tempo e soprattutto mancano parecchi film, se non altro quelli di Christopher Nolan (Dunkirk), Kathryn Bigelow (Detroit) e Steven Spielberg (se finirà The papers quest’anno). Ma, scrivono ancora Debruge e Gleiberman, questo non vuol dire che non ci siano stati film di qualità, anzi. Però non ci sono blockbuster (con l’eccezione di The Lego movie: Batman) e per vederli bisogna andarseli un po’ a cercare.

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Tra questi alcuni film che in Italia sono già usciti come Réparer les vivants di Katell Quillévéré, presentato a Venezia, Land of mine di Martin Zandvliet (uscito in Italia nel 2016), Split di M. Night Shyamalan, o il documentario The settlers (visto al Biografilm festival del 2016). Altri che sembrano interessanti come l’horror francese Grave di Julia Ducournau o la commedia The big sick di Michael Showalter (chissà quando li vedremo in Italia), Baby driver di Edgar Wright (uscirà a settembre) o Their finest di Lone Scherfig (uscirà?).

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Per tornare ai blockbuster, Transformers. L’ultimo cavaliere, quinto film in dieci anni di Michael Bay dedicato ai giocattoli Hasbro, ha fatto registrare un buon debutto negli States. Niente di eclatante, ma quanto basta per giustificare la messa in opera di altri sequel e spin off. Di nuovo Variety fa notare che raramente c’è stata nella storia del cinema una serie di film che ha diviso così tanto pubblico e critica. I quattro precedenti Transformers hanno guadagnato più di 1,3 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti, e 3,7 miliardi in tutto il mondo. Poco importa che la storia creata per trasformare dei giocattoli in personaggi è assurda o se la coerenza tra i vari episodi è inesistente. Con cifre come queste si va avanti, anche portando “a spasso nel tempo” le auto che si trasformano in robot. Stavolta infatti i Transformers si fanno un giro nel medioevo, la prossima volta magari toccherà alla conquista del west o magari alla guerra di secessione.

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Ottime invece le recensioni di Civiltà perduta di James Gray. Il regista newyorchese di Little Odessa, I padroni della notte e C’era una volta a New York ha cambiato scenario per raccontare la storia di Percy Fawcett, esploratore che all’inizio del novecento guidò diverse spedizioni in America Latina per conto della Royal geographical society, durante le quali si convinse dell’esistenza di una città perduta immersa nella giungla del Mato Grosso. A interpretare l’esploratore è Charlie Hunnam, il re Artù di Guy Ritchie, l’astro nascente tra i giovani attori britannici che sarà protagonista del remake di Papillon, nel ruolo che fu di Steve McQueen. Civiltà perduta è un film di avventura, ma James Gray non è Steven Spielberg, e quindi si tratta anche del racconto di un’ossessione, di una lucida follia.

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Uscito in poche selezionatissime sale c’è Metro Manila, del britannico Sean Ellis. Anche Ellis, come Gray, ha lasciato il nido (il Regno Unito) per una meta più esotica. La metropoli filippina gioca il ruolo della grande città spietata, capace di tritare la carne di chi arriva in cerca di fortuna senza avere le idee troppo chiare. È il caso di Oscar, un contadino con moglie e figli a carico, spinto a Manila dalla condizione di estrema povertà in cui viveva in campagna. La città non è particolarmente accogliente: se qualcuno ti aiuta probabile che ci sia qualcosa sotto. Perciò quando Oscar trova lavoro come guardia giurata e un collega lo prende sotto la sua ala protettiva, il dramma sociale si trasforma in una specie di Training day filippino con tanto di finale thriller.

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In uscita anche Parliamo delle mie donne di Claude Lelouch e The habit of beauty di Mirko Pincelli.

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