21 dicembre 2017 19:10

Con Star Wars e i vari cinepanettoni siamo sistemati per le feste. Non aggiunge molto Dickens. L’uomo che inventò il Natale di Bharat Nalluri, una specie di making of di Canto di Natale di Charles Dickens, un po’ come Shakespeare in love lo è stato di Romeo e Giulietta. Nella parte dello scrittore britannico c’è Dan Stevens, che cerca di scrollarsi di dosso il ruolo di Matthew Crawley in Downton Abbey. Dopo la bestia del film Disney e David della serie Legion, Dan deve ancora darsi da fare, ma ce la sta mettendo tutta.

Ed ecco la lista dei miei film preferiti del 2017. Ripeto: non necessariamente i migliori film dell’anno (molti in realtà sono del 2016), ma quelli che voglio ricordare, alla rinfusa.

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Dawson City. Il tempo tra i ghiacci. Attraverso spezzoni di film muti, fotografie, qualche didascalia e la colonna sonora ipnotica di Alex Somers, il documentario di Bill Morrison racconta una storia incredibile e compie un meraviglioso affresco delle follie della corsa all’oro. Follie con cui gli Stati Uniti stanno ancora saldando il debito.

Get out. Scappa. Jordan Peele smonta l’immagine dell’“America postrazziale” a cui otto anni di Barack Obama ci hanno fatto quasi credere. Il suo incubo, che ha la forma di una commedia horror molto divertente, suona oggi come un presagio. Dopo il sogno di una società aperta e multietnica ci si risveglia con Donald Trump alla Casa Bianca.

Loveless. Capisco che l’algido formalismo di un certo cinema d’autore contemporaneo possa lasciare un po’ freddi. Discorso che riguarda anche Andrej Zvjagincev che, come nel precedente Leviathan, sceglie un clima rigido per la sua descrizione della Russia di oggi. Ma i veri brividi, che arrivano dopo una decina di minuti di film e che non ci lasciano più, non hanno niente a che fare con il freddo.

Vi presento Toni Erdmann. Non c’è bisogno di anticonformismo, originalità, genialità, smartphone, sensori di parcheggio e cocaina. L’unica cosa che conta è la nostra umanità. E nel film di Maren Ade c’è questo e altro. Sandra Hüller è la miglior attrice protagonista del mio 2017.

Una vita. Dal romanzo di Guy de Maupassant, Stéphan Brizé ha realizzato un film che prende le distanze da ogni stereotipo, sostenuto da una scrittura vertiginosa. E firma un adattamento perfetto.

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Logan. Il film di James Mangold dimostra che i veri supereroi devono essere prima di tutto degli esseri umani e che il futuro è sempre e comunque dei nostri figli. Commovente commiato di Hugh Jackman e Patrick Stewart dal mondo degli X-Man.

Personal shopper. Olivier Assayas ha preso una grande star di Hollywood (Kristen Stewart), l’ha denudata della sua armatura luccicante e poi l’ha rivestita con modelli e accessori esclusivi di grandi maison parigine. Un po’ come giocare con le bambole.

L’infanzia di un capo. I germogli dei totalitarismi nell’Europa uscita dalla grande guerra hanno l’aspetto di un ragazzino poco amato ma viziato. Il debutto alla regia di Brady Corbet mi fa pensare che prima di giocare bisogna sempre fare i compiti (e anche mettere insieme un cast magnetico).

Nico 1988. Un grazie a Susanna Nicchiarelli che mi ha ricordato com’erano davvero gli anni ottanta, a Ladispoli come a Praga.

La La Land. Non sono impazzito per il film di Damien Chazelle, per la famosa scena d’apertura, baciati dal sole in tangenziale. Ma ho sempre amato i musical, soprattutto i classici, e la Lovely night dance mi ha fatto ricordare perché.

Menzioni speciali. Riparare i viventi, Passeri, Cuori puri e Gatta Cenerentola, Sami blood, The Meyerowitz stories (New and selected) e infine i due Smetto quando voglio (Masterclass e Ad honorem).

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