07 giugno 2018 22:48

Ippocrate di Thomas Lilti è ambientato in un ospedale. Si esce molto poco dal reparto di medicina interna di un policlinico parigino in cui il giovane Benjamin ha appena cominciato il suo tirocinio. È piuttosto spaesato, ma dalla sua ha l’entusiasmo di potersi pensare finalmente “dottore” e il fatto che il reparto è diretto da suo padre. Al suo fianco c’è Abdel, un medico algerino, più anziano e con maggiore esperienza, ma che deve ricominciare da capo per poter esercitare in Francia.

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Questo è il secondo film di Lilti, di cui in Italia era uscito Il medico di campagna, che però è successivo. Di nuovo medici, quindi. Niente di strano visto che il regista prima di dedicarsi a tempo pieno al cinema era un dottore. I medici di Lilti non sono dei geni capaci di indovinare diagnosi impossibili o resuscitare i morti. Sono dottori normali, come quelli che si possono incontrare tutti i giorni nei nostri ospedali e nei nostri ambulatori. Nel migliore dei mondi possibile, film di questo genere potrebbero aiutare a riavvicinare medici e pazienti, i cui rapporti, al netto degli enormi problemi della sanità pubblica che Francia e Italia condividono (avendo entrambe una sanità pubblica), sono sempre più difficili.

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Con L’atelier, Laurent Cantet (Palma d’oro a Cannes nel 2008 con La classe) torna a rivolgere la sua attenzione ai giovani, stavolta ragazzi che partecipano a un corso di scrittura creativa. Il film è ambientato a nel sud della Francia, a La Ciotat, cittadina a trenta chilometri da Marsiglia, importante principalmente per i cantieri navali. Non è quindi il sud di Guédiguian (La casa sul mare) né quello di Kechiche (Mektoub, my love. Canto 1), anche se non è poi troppo lontano. Ma per l’autore di Risorse umane è il posto ideale per dare un’occhiata a una Francia in cui la società è in affanno.

Olivia è una scrittrice parigina di successo e prova a svelare i segreti della narrativa a dei ragazzi in cerca di un futuro lontano dal loro quotidiano. Il rapporto ambiguo stabilito da Olivia con uno dei ragazzi, il taciturno Antoine, offre invece a Cantet la possibilità di rivolgere lo sguardo ai rapporti tra uomini e donne, e ai rapporti tra persone di generazioni diverse.

In La terra dell’abbastanza, interessantissimo debutto dei fratelli D’Innocenzo, Manolo (Andrea Carpenzano) e Mirko (Matteo Olivetti) sono due amici che vivono in una disastrata periferia romana. Una notte investono uno sconosciuto. Lo sconosciuto era un impaccio per un criminale locale (Luca Zingaretti) che quindi decide di “premiare” i ragazzi facendoli entrare nel suo giro. Certe occasioni, se vogliamo chiamarle così, non si ripresentano due volte. Su perché il film vada visto v’invito a leggere la recensione di Goffredo Fofi. Per avere un’idea delle capacità dei due fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo v’invito invece a vedere l’Anatomia di una scena che hanno realizzato per noi.

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Quando ho visto che sarebbe uscito Rabbia furiosa. Er canaro di Sergio Stivaletti, ho pensato a Valmont di Miloš Forman oscurato da Le relazioni pericolose di Stephen Frears, uscito qualche mese prima, nel 1989. Quando ho visto il trailer del film ho pensato a una specie di parodia di Dogman. Invece il regista di Rabbia furiosa, Sergio Stivaletti (con una lunghissima carriera come mago degli effetti speciali, prima per Dario Argento poi per Michele Soavi, e otto film da regista), ha voluto realizzare una ricostruzione dell’omicidio di Giancarlo Ricci molto più simile a quella uscita dalla confessione di Pietro De Negri (in parte ridimensionata dagli esami medico-legali) rispetto a quella vista a Cannes.

Nel libro Città a mano armata, il cronista di Repubblica Massimo Lugli riporta che nel 2005, quando uscì dal carcere dopo 17 anni di detenzione, De Negri disse: “Vorrei solo che la gente si dimenticasse di me”. Dopo due film ispirati al suo delitto sembra un po’ difficile. Tutt’al più può sperare che la figura der Canaro si allontani sempre di più dal fatto di cronaca per entrare nell’immaginario collettivo, come Jack lo squartatore o er Libanese.

Infine, che ci fa Valerio Mastandrea nei panni di un professore tutto solo nel deserto del Nevada, a due passi dall’Area 51? Le risposte in Tito e gli alieni di Paola Rand. Esce anche Jurassic World. Il regno distrutto, quinto episodio della saga nata dalla mente di Michael Crichton. I dinosauri non sono più confinati in un’isola del Pacifico, ma hanno invaso il mondo. E quando arriveranno a Roma speriamo che ci sia er Canaro ad aspettarli.

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