07 aprile 2015 18:40

“Se nascevi nell’East End londinese degli anni trenta non avevi molta scelta. Potevi diventare un pugile, un ladro d’auto o al limite un musicista”. David Bailey (1938) da ragazzo non pensa di diventare un fotografo.

Nell’Inghilterra industriale del dopoguerra la vita è particolarmente dura e, per guadagnare qualche soldo, Bailey si mette a vendere tappeti e scarpe, e allestisce le vetrine dei negozi. Ma nel 1956 viene arruolato nell’aeronautica britannica e mandato a Singapore: è in questo periodo che si dedica con più passione alla fotografia, prendendo ispirazione da Henri Cartier-Bresson e dalla rivista Life.

Finito il servizio militare, decide di continuare con la fotografia. Cerca lavoro a Londra come assistente e si ritrova al fianco del fotografo di moda John French. Nel 1960 Bailey è un freelance che collabora con l’edizione britannica di Vogue e si ritrova nella situazione migliore per vivere e raccontare la cosiddetta swinging London. La stilista Mary Quant, i Beatles e i Rolling Stones, gli Who, Michael Caine e Peter Sellers, Marianne Faithfull e Sandie Shaw: finiscono tutti davanti al suo obiettivo. “Avrei voluto essere come Fred Astaire ma non potevo, così cercavo di non farmi sfuggire nessun nuovo fenomeno e personaggio. Essere un fotografo di moda significava questo”.

Alla lunga e avventurosa carriera di David Bailey, il Pac di Milano dedica la mostra Stardust, celebrando con più di trecento opere lo stile innovativo e provocatorio di un autore che ha ritratto persone famose e sconosciute in maniera creativa e stimolante. La mostra sarà aperta al pubblico fino al 2 giugno 2015.

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