20 giugno 2015 11:31

Quarant’anni fa, il 20 giugno del 1975, uscì al cinema il film di un promettente regista di 27 anni, Jaws di Steven Spielberg.

Alle origini era un progetto come molti altri: un giovane regista, il best seller di Peter Benchley come base, un budget in linea con i film spettacolari dell’epoca. Per capirci Airport 75, prodotto sempre dalla Universal, era costato circa tre milioni di dollari, incassandone 47. Tutti avrebbero sottoscritto un risultato del genere. Ma le cose andarono diversamente. La produzione fu lunga e difficile, non solo per la scelta di girarlo in mare aperto (a Martha’s Vineyard, nel Massachusetts) invece che in un comodo teatro di posa con piscina. Dire che il budget messo a disposizione della Universal era stato sforato è un eufemismo e al momento dell’uscita in sala in pochi avrebbero scommesso sul suo successo.

E poi Lo squalo è diventato una leggenda. Costato circa 8 milioni di dollari, alla fine del 1975 il film aveva incassato quasi duecento milioni di dollari, solo negli States, arrivando a un incasso complessivo di 470 milioni di dollari in tutto il mondo.

A quarant’anni di distanza (che nei parametri hollywoodiani sembrano almeno duecento anni) si dice che è Lo squalo è il film che ha creato il concetto stesso di blockbuster estivo e quello di merchandising, rivoluzionando per sempre le politiche degli studios. Questo è indiscutibile. Ma purtroppo non esce ogni estate un film come Lo squalo. Perché prima di tutto quello di Spielberg è un magnifico film d’avventura, con personaggi e un testo che uguagliano e forse superano ogni effetto speciale e ogni scena spettacolare. Le schermaglie tra Hooper e Quint (Richard Dreyfuss e Robert Shaw), l’agorafobia di chief Brody (Roy Scheider), il leggendario monologo sulla Uss Indianapolis (il contributo di John Milius alla sceneggiatura) sono elementi fondamentali del film, frutto di un lavoro minuzioso di scrittura portato avanti da Spielberg insieme a Carl Gottlieb durante tutte le riprese. E ovviamente non si può non citare la colonna sonora di John Williams.

È senz’altro uno degli apici del cinema di Steven Spielberg, punta di diamante di un’industria con un’anima artigianale che ogni tanto è giusto celebrare. (Piero Zardo)

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