Il 15 settembre migliaia di francesi sono tornati in piazza per protestare contro la nuova legge sul lavoro, approvata in via definitiva lo scorso 8 agosto. I sindacalisti hanno spiegato che l’obiettivo era “mostrare che ci siamo ancora e che non siamo d’accordo”. Secondo la Confédération générale du travail (Cgt), il più importante sindacato francese, hanno manifestato più di 170mila persone, mentre per la polizia i partecipanti sono stati circa 77.500, comunque il doppio rispetto a quelli stimati alla ultima giornata di mobilitazione del 5 luglio.

A Parigi e nel resto della Francia sono scoppiati degli scontri, a tratti violenti, tra forze dell’ordine e manifestanti, in cui sono rimaste ferite una ventina di persone. Altre 62 sono state fermate dalla polizia, delle quali 32 sono state trattenute in custodia. Ci sono state manifestazioni in 110 città, tra cui Nantes, Rennes, Rouen, Grenoble, Tolosa e Montpellier.

Il governo – che può contare sul sostegno del sindacato Confédération française démocratique du travail, il secondo in Francia dopo la Cgt – è inflessibile e sostiene che la nuova legge garantisce il “progresso sociale” e serve a risolvere il problema della disoccupazione.

La mobilitazione contro la riforma del lavoro, la cosiddetta legge El Khomri, dal nome della ministra del lavoro, è stata una delle più imponenti degli ultimi anni in Francia. I cittadini sono scesi in piazza quattordici volte nell’arco del 2016 e il governo è stato costretto a far approvare il testo di legge ricorrendo a un articolo della costituzione che gli ha permesso di saltare il voto del parlamento.

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