11 marzo 2020 13:24

Per oltre vent’anni Gerry Johansson ha viaggiato tra Stati Uniti, Svezia e Germania. In questi luoghi è stato un osservatore attento e meticoloso che ha costruito una ricerca sul paesaggio e sul suo rapporto con l’essere umano.

Johansson è nato Örebro, in Svezia, nel 1945. A Göteborg studia da grafico e dopo una breve esperienza con la casa editrice Fyra Förläggare AB, fondata da lui stesso, diventa un fotografo freelance. Nel 1982 il Moderna Museet di Stoccolma ospita la sua prima personale.

Nel 1991 comincia la trilogia composta da Sverige, Deutschland e Amerika, i suoi lavori più importanti. Lo sguardo di Johansson è influenzato senza dubbio dal gruppo di New topographics, dieci fotografi (tra cui Stephen Shore, Henry Wessel, Bernd e Hilla Becher), che negli anni settanta definiscono un nuovo approccio all’interpretazione del paesaggio.

Tuttavia nel corso degli anni Johansson ha costruito un suo stile, sempre distaccato come i colleghi di New topographics, ma che restituisce allo stesso tempo una certa intimità e un universo di dettagli e simbologie, in cui l’essere umano non è presente ma lascia tracce evidenti. Nonostante siano scattate in luoghi molto diversi, le foto di Johansson ci riportano a casa dell’autore, come se fossero tanti frammenti di un discorso che vanno a ricomporsi.

La trilogia di Johansson è raccontata dalla mostra At home in Sweden, Germany and America nata dalla collaborazione tra Spazio Labo’ a Bologna e Omne (Osservatorio mobile nord est di Castelfranco Veneto). L’evento avrebbe dovuto svolgersi dall’11 marzo al 3 aprile ma viste le misure di sicurezza per contenere la diffusione del coronavirus è stato annullato. Per questo l’11 marzo alle 19.30 sarà possibile assistere a una visita guidata della mostra collegandosi alla pagina Facebook di Spazio Labò.

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