15 luglio 2022 16:00

Negli ultimi quattro mesi, nell’est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), più di 170mila persone hanno dovuto abbandonare le loro case per sfuggire alle violenze dei gruppi armati, andandosi ad aggiungere ai 5,5 milioni di sfollati che vivono in questa parte del paese. La milizia ribelle M23, rimasta inattiva per anni, ha ripreso a terrorizzare la popolazione e a far salire le tensioni tra i governi dei paesi della regione dei Grandi laghi. L’insurrezione è andata a sommarsi a una lunga lista di preoccupazioni legate alla sicurezza nell’est della Rdc, dove da anni sono attivi più di cento gruppi armati. La risposta del presidente congolese Félix Tshisekedi è stata imporre, nel maggio 2021, la legge marziale nelle province dell’Ituri e del Nord Kivu, una decisione che ha finito per limitare ulteriormente i diritti dei cittadini. Ma da allora nessun gruppo armato ha rinunciato alle armi e l’esercito congolese non ha riportato nessuna vittoria significativa.

Il libro A sublime struggle/Une lutte sublime, pubblicato con la Fondazione Carmignac per le edizioni Reliefs, è il secondo che il fotogiornalista Finbarr O’Reilly (vincitore del premio Carmignac nel 2020) dedica a questo paese martoriato, dopo il progetto Congo in conversation, che ha visto coinvolti più di una decina fotografi congolesi nel periodo della pandemia. In questo volume in due lingue, O’Reilly riprende il suo ruolo di osservatore esterno per raccontare, attraverso immagini scattate tra il 2020 e il 2022, la precarietà della vita di persone che vivono in una costante insicurezza, in balìa della violenza scatenata sia dagli esseri umani sia delle forze della natura, come il vulcano Nyiragongo. Nel maggio del 2021 più di trenta persone sono morte quando il vulcano è tornato in attività dopo vent’anni, facendo colare fiumi di lava sui villaggi intorno alla città di Goma. Altre foto mostrano il duro lavoro nelle miniere, in una terra le cui risorse minerali non arricchiscono la popolazione, ma governi e faccendieri stranieri.

Il lavoro è stato realizzato in collaborazione con la Corte penale internazionale (Cpi), perché intende documentare il modo in cui i civili affrontano le conseguenze dei crimini di guerra. Da vent’anni la Cpi lavora nella regione per raccogliere le testimonianze dei sopravvissuti ai conflitti, delle loro famiglie e delle persone della loro comunità. Il libro ripercorre la storia di alcune vittime della violenza dei gruppi armati, per vedere come hanno affrontato i traumi e hanno cercato di rifarsi una vita.

Il titolo A sublime struggle/Une lutte sublime riprende un passaggio del discorso pronunciato all’indipendenza del Congo, nel 1960, dal primo ministro congolese Patrice Lumumba, che rimase in carica per pochi mesi, fino al suo omicidio nel gennaio dell’anno successivo.

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