Da una vita all’altra è la storia di un uomo che trema. Il suo corpo non lo sostiene più, ha le vertigini, cade. Se soffrisse di una malattia conosciuta la medicina gli darebbe sollievo, ma è un’altra cosa, lo sa. O meglio, lo sente. È perché porta un peso troppo pesante per lui, quello di un passato che grava sul presente e perseguita il futuro, “il peso del sopravvissuto”. Tredici anni prima, il 1 marzo 2005, suo fratello Jérôme si è impiccato. Ai suoi occhi, il suicidio implica un’indagine sulle responsabilità. Chi commette l’omicidio di un uomo che si uccide? Quest’uomo tremante, “il fratello che rimane”, si chiama Teseo, e il suo labirinto è fatto delle “acque nere del tempo”. All’inizio, voleva dimenticare la tragedia. Tuttavia, quando “lo squilibrio del vivere” lo raggiunge, vive il suo corpo come la materia silenziosa dove si accumulano i sedimenti del passato. Sente “nel crollo delle sue ossa, dei suoi reni, dei suoi denti, che lui è quello: un fratello attaccato a un fratello, legato a una storia di dolore e di perdita”. Con l’aiuto di un baule di archivi, ripercorre il corso della storia della sua famiglia, “questo continuum di disastri e crolli” che inizia nella Spagna del seicento, quando gli ebrei furono costretti a convertirsi. Quei marrani hanno trasmesso la paura e il bisogno di segretezza alle generazioni successive. Nel pesante baule di tutta la tristezza europea, Teseo incontra i suoi antenati. Da una vita all’altra ha gli accenti di un mito e la tristezza di un canto funebre.
Camille Laurens, Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1437 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati