L’idea alla base di questo album registrato da Black Thought, il rapper della band The Roots, insieme al produttore Danger Mouse (Brian Burton) risale a quindici anni fa. All’epoca Burton si era fatto un nome come musicista anticonformista, capace di mettere insieme i Beatles e Jay-Z nel disco mashup The grey album e di portare al successo il pop intriso di rnb del duo Gnarls Barkley. Black Thought, al secolo Tariq Trotter, nel frattempo stava registrando musica e girando il mondo in tour con il suo gruppo. Nel 2017, mentre il rapper preparava il suo primo disco solista, Burton ha deciso di tornare all’hip hop e la coppia ha rispolverato l’idea originale, mettendosi al lavoro su questo disco traboccante di amore per il loro mestiere. Burton e Trotter hanno una straordinaria capacità di creare atmosfere: il primo strizza l’occhio al jazz e al funk, creando una sequenza senza soluzione di continuità di ritmi cinematografici a metà strada tra lo spaghetti western e il poliziesco, mentre il secondo scrive rime intense. Nel brano Aquamarine, dov’è ospite il cantautore britannico Michael Kiwanuka, Trotter cavalca l’ascesa di un’impennata strumentale per condividere verità metafisiche e ripercorrere la storia dell’evoluzione umana. “Quando presento idee nude e senza vergogna sono scritte a mano in sanscrito sul treno numero 7”, rappa, facendo riferimento al suo nome coranico. Raekwon, A$AP Rocky e altri rapper ospiti dell’album, a parte l’apparizione postuma di MF Doom, in realtà restano nell’ombra di Trotter. Sonorizzati abilmente da Burton, i suoi soliloqui si manifestano come una finestra su se stesso, sull’hip hop e sulla condizione umana.
Tayyab Amin, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1474 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati