Tra il 2021 e il 2022 il mondo si è trovato alla prese con un problema che si pensava risolto per sempre: l’inflazione, ormai arrivata a tassi a doppia cifra in alcuni paesi ricchi. Fino allo scoppio della guerra in Ucraina diversi politici ed economisti, scrive Kenneth Rogoff in un saggio uscito su Foreign Affairs, erano convinti che si trattasse di un fenomeno transitorio. In realtà, spiega l’economista di Harvard, l’inflazione è destinata a restare a lungo e le sue principali cause vanno cercate nei generosi programmi di sostegno decisi dai governi – soprattutto da quello degli Stati Uniti, prima con Donald Trump nel dicembre 2020 e poi con il suo successore Joe Biden – e dalle banche centrali, che hanno iniettato nell’economia migliaia di miliardi. Solo pochi esperti avevano segnalato i rischi legati a queste misure, ed erano rimasti per lo più inascoltati. È anche per questo che le banche centrali sono intervenute con tanto ritardo contro l’inflazione. “E ora”, conclude Rogoff, “hanno difficoltà a riportare la situazione sotto controllo”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1485 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati