La Tunisia si prepara alle legislative anticipate del 17 dicembre, l’ultima tappa del processo di riforme in senso autoritario avviato dal presidente Kais Saied con il colpo di mano del 25 luglio 2021. Molte forze politiche, dagli islamisti di Ennahda al Partito desturiano libero, nostalgico di Ben Ali, hanno già fatto sapere che boicotteranno il voto. Il tasso d’astensione si preannuncia alto, ma forse non basterà a dissuadere Saied dal portare avanti il suo progetto politico. Secondo Riadh Zghal, che scrive sul mensile tunisino Leaders, invece di rimediare ai difetti del sistema nato dopo la rivoluzione del 2011, Saied, accentrando tutto il potere, “si è dedicato a un’opera di distruzione: nuova costituzione, nuova legge elettorale, licenziamenti di giudici… Niente sembrava poter fermare il suo rullo compressore”. Di certo, il boicottaggio non basterà a convincerlo a dialogare con gli altri partiti. Ma ignorare le richieste della società, ricorda Zghal, “comporta delle conseguenze. Porta a diffidare dello stato. In Tunisia la più grande ricchezza è il capitale umano, e trascurarlo significa compromettere il futuro del paese”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1491 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati