Dicono che le cose buone arrivano in tre, e lo dimostra l’ultimo album di Gaz Coombes, che chiude una trilogia aperta nel 2015 da Matador e proseguita con World’s strongest man del 2018. Possiamo aggiungere che il leader dei Supergrass ha lasciato il meglio per ultimo. Turn the car around è maturo e raffinato. Prende ispirazione dalla band britannica e dai suoi precedenti lavori solisti. Ma stavolta ci dà qualcosa in più, una specie di odissea alla ricerca dell’anima portata avanti con grande passione. Long live the strange è un inno, stimolante e commovente, che parla di diversità e accettazione, con un testo che implora “Lunga vita alla stranezza, e perciò non cambiare mai”. Questo e gli altri otto brani riflettono sulla vita contemporanea e sulle lotte che porta con sé. Don’t say it’s over è una magnifica lettera d’amore per la moglie di Coombes, che ci rimanda a vibrazioni cosmiche un po’ alla Bowie. Ma il treno spaziale non si ferma qui e Feel loop ( lizard dream), con quelle chitarre inebrianti e una torrida linea di basso, spicca come la migliore canzone dell’album: è un po’ più sperimentale rispetto al resto, ma non riesci comunque a smettere di ascoltarla. Ogni pezzo è prodotto in maniera impeccabile e le melodie sembrano pensate per la colonna sonora di un film. Turn the car around è il disco che un cantautore dotato come Coombes avrebbe voluto fare da sempre.
Emma Harrison, Clash

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Questo articolo è uscito sul numero 1495 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati