Per godere appieno del fascino del nuovo album degli Yo La Tengo conviene tornare un attimo indietro, al We have amnesia sometimes, del 2020, che suonava come una cartolina di un vecchio amico che non sentivi da un po’. Quel lavoro consisteva in cinque casuali e bellissime improvvisazioni: un’istantanea dal momento peggiore della pandemia, in bilico tra apatia e terrore. Durante la loro invidiabile carriera gli Yo La Tengo hanno sempre fatto quel che si sentivano, senza pensare agli sbocchi commerciali. In quest’ultimo disco ci distolgono dal torpore di We have amnesia sometimes e ci regalano alcuni dei brani migliori della loro storia ma con l’urgenza e l’attenzione di chi ha bisogno di dirti qualcosa subito. Con Sinatra drive breakdown attaccano subito con quel genere di pezzi rock che galvanizzano annunciando una rovina imminente. Ma poi c’è anche la chitarra scabrosa di Ira Kaplan che per sette minuti rivolta da sopra a sotto una bella melodia finché non resta solo metallo arrugginito. Aleggiano una distruzione irreparabile e una morte inevitabile ma nonostante questo l’album emana anche una piacevole leggerezza, risultato di un gruppo con trent’anni di storia alle spalle. La tristezza è più facile da affrontare se hai degli amici, sembrano dirci in Aselestine. This stupid world cattura non solo l’oscurità che ormai ci travolge ogni giorno ma anche l’impulso a restare svegli, ad andare avanti. “Questo stupido mondo mi sta uccidendo. Questo stupido mondo è tutto quello che abbiamo”: un mantra per tirarsi su, che gli Yo La Tengo trasmettono al mondo dal loro studio di Hoboken.
Grayson Haver Currin, Pitchfork

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Questo articolo è uscito sul numero 1499 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati