Quando i diplomatici stranieri hanno lasciato il Sudan travolto dai combattimenti, ai civili sudanesi è stata negata la possibilità di mettersi in salvo. Le ambasciate di Francia e Stati Uniti hanno distrutto i passaporti dei cittadini che avevano chiesto un visto, per assicurarsi che non cadessero in mani sbagliate. Altre ambasciate li hanno semplicemente lasciati negli edifici evacuati.

Questa vicenda evidenzia tutta l’indifferenza mostrata verso chi è rimasto in trappola nello scontro tra i generali Abdel Fattah al-Burhan, capo dell’esercito regolare, e Mohamed Hamdan Dagalo, al comando delle Forze di supporto rapido. I combattimenti stanno distruggendo ospedali, mercati e case. Più di 850 persone sono state uccise e migliaia sono rimaste ferite. Centinaia di migliaia di sudanesi hanno dovuto abbandonare le loro case.

Un fragile cessate il fuoco è stato raggiunto grazie alla mediazione di Stati Uniti e Arabia Saudita, ma nessuno si fa illusioni. Entrambi gli schieramenti mantengono un atteggiamento aggressivo e nessuno dei due ha conquistato un vantaggio decisivo. La situazione nella capitale ha attirato gran parte dell’attenzione, ma la preoccupazione più grande riguarda il probabile allargamento del conflitto in Darfur. La violenza potrebbe degenerare in una guerra civile alimentata dall’esterno, ancora più difficile da risolvere.

Il conflitto in Sudan dimostra ancora una volta che affidarsi a un uomo forte dell’esercito è un grave errore. L’Arabia Saudita, che mantiene legami con entrambi i generali ma è considerata sostanzialmente neutrale, si è impegnata a portare i contendenti al tavolo delle trattative. Ma nessuno crede che a Riyad interessi il ritorno alla democrazia. Un maggiore impegno statunitense potrebbe contribuire a stabilizzare la situazione e favorire a lungo termine la partecipazione della società civile. L’Unione africana ha avuto un ruolo limitato, anche perché i due generali non hanno accettato il suo coinvolgimento.

Più di metà della popolazione sudanese ha bisogno di aiuti umanitari. Trecentomila civili sono fuggiti nei paesi vicini, dove spesso vivono in condizioni drammatiche. Le Nazioni Unite hanno lanciato una richiesta di aiuti per tre miliardi di dollari. L’attenzione internazionale si è fortemente ridotta dopo l’evacuazione degli stranieri, ma i civili sudanesi non possono essere trattati come un dettaglio trascurabile. ◆ as

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1514 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati