Negli ultimi giorni è risultato chiaro che il governo ucraino ha i nervi a fior di pelle. Il 1 settembre il ministro degli esteri ha invitato chi criticava la controffensiva dell’esercito di Kiev a “chiudere il becco” . Il 2 l’oligarca Ihor Kolomoiskyj, uno dei primi sostenitori del presidente Volodymyr Zelenskyj, è stato arrestato per corruzione. Il 3 è stato rimosso per lo stesso motivo il ministro della difesa. Tutti questi eventi sono l’effetto della pressione internazionale. Vari paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, ritengono che la controffensiva finora sia stata poco efficace. Gli esperti del Pentagono sono arrivati a sostenere che l’Ucraina verrà sconfitta perché non ha seguito le indicazioni di Wa­shing­­ton. Zelenskyj inoltre è stato biasimato per gli scarsi successi nella lotta alla corruzione. Secondo l’ong Transparency international in questo campo l’Ucraina è al 116° posto su 180, nonostante sia cruciale per l’adesione all’Unione europea. Consapevole del problema, a volte Zelenskyj ha fatto ricorso a metodi che sfiorano l’autoritarismo. La legge marziale introdotta all’inizio del conflitto è usata per punire i politici corrotti, ma anche per neutralizzare gli oppositori. Con l’avvicinarsi di tre appuntamenti cruciali – le elezioni in Ucraina a marzo, quelle per il parlamento europeo a giugno e le presidenziali negli Stati Uniti a novembre – due interrogativi diventano più pressanti: fino a quando bisognerà pagare per questa guerra? E dove va a finire il denaro? Le risposte non dipendono solo dagli ucraini. Dopo diciotto mesi di conflitto e perdite colossali, anche gli alleati devono rispondere. Le esitazioni di Washington, Parigi o Berlino nell’invio di armi hanno rallentato le operazioni militari di Kiev. Mentre in Europa e negli Stati Uniti si diffonde una certa stanchezza, questa perdita di tempo potrebbe costare la vittoria agli ucraini . ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1528 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati