Una decina d’anni fa un gruppo di studiosi britannici e canadesi ha fatto una importante scoperta sulla vita sociale dei capodogli del mar dei Sargassi e del mar dei Caraibi. Mentre le balene madri si immergevano in profondità a caccia di calamari, altre balene facevano (come ha scritto la stampa popolare) da baby sitter per i piccoli. Questo studio era parte di un corpussempre in crescita di ricerche illuminanti sulla socialità delle balene. I nuclei sociali, sia quelli delle balene sia quelli umani, sono un tema ricorrente nel romanzo di Doreen Cunningham, un libro lirico e coraggioso che sfugge a facili interpretazioni. È la storia di una madre single e del figlio di due anni, Max, e del loro viaggio per seguire le balene dalla Baja California all’Artico. Ma non è un trattato di storia naturale. Madre e figlio stanno attraversando un momento confuso e, come le balene che stanno inseguendo, devono navigare in acque infide e pericolose e soprattutto devono fare affidamento sull’amicizia per cavarsela. Durante la loro traversata, la cultura degli esseri umani e quella delle balene sembrano convergere, erodendo il confine tra noi e i nostri lontani cugini mammiferi. La protagonista però non è l’Achab di Moby Dick, non è attratta da una singola balena ma dalla loro collettività e alla fine i cetacei diventano un tramite con altre donne e madri. Quella che all’inizio sembra la ricerca mistica di un essere immaginario porta la protagonista a trovare il suo branco di umani.
Edward Posnett, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1558 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati