Chi viene morso da un mamba nero, un serpente velenoso che vive in Africa centrale e meridionale, di solito ha poche ore di vita. Il veleno colpisce il sistema nervoso e i muscoli fino a paralizzare i polmoni e il cuore. Non è certo l’unica specie di serpente pericolosa per gli umani. Delle trecentomila persone morse da un serpente ogni anno nell’Africa subsahariana, più di settemila muoiono, e altre diecimila devono farsi amputare un arto. E questi sono solo i casi riferiti dalle autorità. I numeri reali sono probabilmente molto più alti.
La medicina può aiutare. I morsi di serpente possono essere neutralizzati somministrando un antidoto, che però spesso non è disponibile nelle aree più remote del continente. Anche quando lo è, trovare quello giusto dipende dalla possibilità di identificare la specie di serpente responsabile del morso, cosa che non sempre è facile nella concitazione del momento.
Un nuovo studio pubblicato su Nature offre una possibile soluzione. Una squadra guidata da Andreas Laustsen dell’Università tecnica della Danimarca ha messo a punto un antidoto ad ampio spettro efficace contro i morsi di diversi tipi di serpente.
Creare un antidoto normale è un lavoro complicato. Prima di tutto servono persone appositamente addestrate per estrarre il veleno dai serpenti. Successivamente il veleno viene iniettato in un grande animale capace di sopportare l’attacco biochimico, di solito un cavallo. A quel punto il sistema immunitario dell’animale produce anticorpi, composti proteici adattabili capaci di neutralizzare una particolare sostanza, compresi i veleni dei serpenti. Sono questi anticorpi, prelevati attraverso campioni di sangue e concentrati in laboratorio, a dare agli antidoti il loro potere.
Piccoli ma efficaci
Invece dei cavalli, il dottor Laustsen e i suoi colleghi hanno usato un alpaca e un lama, a cui hanno somministrato il veleno non di un solo serpente ma di 18 specie di serpenti africani letali, compresi il mamba nero, il cobra del Sudafrica, il cobra sputatore nubiano e altri.
Il veleno dei serpenti è complesso: contiene diverse proteine dannose la cui struttura molecolare varia da una specie all’altra. Ma le parti funzionali di queste proteine – gli elementi che si agganciano alle cellule della vittima causando i danni – non variano molto, perché la maggior parte delle mutazioni le renderebbe meno efficaci.
Iniettando negli animali molti veleni contemporaneamente i ricercatori speravano di spingere il loro sistema immunitario a produrre anticorpi capaci di colpire specificamente queste aree, risultando efficaci contro diversi tipi di veleno. A questo scopo, gli animali hanno inizialmente ricevuto una dose ridotta di ogni veleno e poi un richiamo ogni quindici giorni, con un aumento graduale delle dosi nell’arco di 60 settimane.
Il dottor Laustsen ha scelto un alpaca e un lama invece di un cavallo perché il sistema immunitario dei camelidi è unico. I lama e gli alpaca hanno anticorpi simili a quelli degli altri mammiferi, composti da molecole relativamente grandi, ma possiedono anche strutture molto più piccole chiamate “nanocorpi” che hanno le stesse funzioni degli anticorpi più grandi. Negli ultimi anni gli scienziati hanno scoperto che è possibile prelevare questi nanocorpi e produrli in serie come unità di neutralizzazione individuali.
I nanocorpi hanno diversi vantaggi. Il primo è che sono estremamente stabili. Diversamente dagli anticorpi comuni, sopravvivono al processo di liofilizzazione, un aspetto molto utile per un farmaco necessario in aree dove la corrente elettrica non è disponibile ovunque e la refrigerazione può risultare problematica. Inoltre le dimensioni ridotte permettono ai nanocorpi di penetrare in profondità nei tessuti densi, di superare più agevolmente la barriera emato-encefalica e in generale di raggiungere parti del corpo difficilmente accessibili agli anticorpi comuni.
Alla fine delle 60 settimane, il dottor Laustsen e i suoi collaboratori hanno esaminato i nanocorpi prodotti dagli animali, selezionandone otto che erano stati efficaci contro quasi tutte le tossine prodotte dai serpenti e combinandole in un singolo antidoto, che hanno testato sui topi.
Il cocktail di nanocorpi è risultato generalmente efficace. In 17 casi su 18 i topi sono sopravvissuti a veleni che altrimenti sarebbero risultati letali. Solo il mamba verde orientale è rimasto letale, anche se il dottor Laustsen sospetta che usando uno o due nanocorpi in più si potrebbe risolvere il problema. Inoltre l’antidoto ha evitato quasi sempre la necrosi dei tessuti nel punto di iniezione, il processo che in molti casi rende necessario amputare un arto e che gli antidoti attuali hanno difficoltà a fermare.
Tocca alle vipere
Il mamba nero e gli altri serpenti che sono stati usati nello studio fanno tutti parte della famiglia degli elapidi. Tuttavia gli elapidi non sono gli unici serpenti velenosi del pianeta. Anche le vipere, un gruppo che comprende il crotalo diamantino orientale (presente in America) e gli echidi (diffusi dall’Africa al Pakistan) provocano molte vittime. In Sudamerica il ferro di lancia uccide più persone di qualsiasi altra specie di serpente.
Mentre il veleno degli elapidi è principalmente neurotossico, quello delle vipere tende a colpire i vasi sanguigni, provocando gravi emorragie che possono rivelarsi letali tanto quanto la paralisi del cuore e dei polmoni. Il dottor Laustsen e i suoi colleghi stanno raccogliendo il veleno delle vipere per mettere alla prova il loro metodo con un secondo gruppo di serpenti. Potrebbe anche essere possibile combinare gli antidoti contro entrambi i gruppi in un singolo farmaco ad ampio spettro. Se così fosse, il problema di identificare la specie che ha inflitto il morso sarebbe risolto, permettendo di salvare un numero enorme di vite umane. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1639 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati