Thailandia
Migliaia di persone si sono radunate a Bangkok il 16 agosto per protestare contro il governo, mentre nel regno la tensione sale e il movimento per la democrazia guadagna vigore.
Nell’ultimo mese in Thailandia quasi ogni giorno ci sono state manifestazioni guidate da gruppi di studenti per denunciare il primo ministro Prayut Chan-O-Cha, ex capo militare responsabile del colpo di stato del 2014, e la sua amministrazione. Nel pomeriggio del 16 agosto i manifestanti, che chiedono importanti riforme democratiche, hanno occupato il trafficato incrocio intorno al monumento alla democrazia, costruito nella capitale per ricordare la rivoluzione che nel 1932 mise fine alla monarchia assoluta. “Abbasso la dittatura”, hanno scandito mostrando cartelli contro il governo filomilitare di Prayut. Altri reggevano colombe di carta, simbolo della pace.
La tensione è cresciuta nelle ultime due settimane con l’arresto di tre attivisti, poi rilasciati su cauzione, con l’accusa di sedizione e violazione delle regole di contenimento del coronavirus. Gli era stato raccomandato di non commettere di nuovo gli stessi reati, ma uno di loro, il leader studentesco Parit Chiwarak, il 16 agosto si è presentato nel luogo della protesta affiancato da molti sostenitori. Ispirandosi in parte al movimento per la democrazia di Hong Kong, i manifestanti dicono di non avere leader e hanno raccolto sostegno in tutto il paese attraverso campagne sui social network. Il giorno dell’ultima manifestazione i due hashtag più usati dai tailandesi su Twitter erano “diamo una scadenza alla dittatura” e “facciamola finire con la nostra generazione”.
I manifestanti chiedono un nuovo governo e una riforma della costituzione voluta nel 2017 dai militari, che a loro avviso alle elezioni del 2019 ha favorito il partito del primo ministro Prayut. La scorsa settimana, durante un raduno a cui hanno partecipato quattromila persone, hanno chiesto anche l’abolizione della legge che rende intoccabile la monarchia e un dibattito aperto sul suo ruolo nel paese. Il ricchissimo re Mahal Vajiralongkorn, al vertice del potere in Thailandia, è appoggiato dall’esercito e dall’élite imprenditoriale del regno. La legge 112 prevede condanne fino a quindici anni per chi diffama, insulta o minaccia il re, la regina o l’erede al trono.
Thailandia
◆ Il relativo successo della Thailandia nella lotta contro il covid-19 rischia di essere messo in ombra dalla crisi economica. Nel secondo trimestre del 2020 l’economia ha subìto una contrazione del 12,2 per cento, la peggiore dai tempi della crisi asiatica degli anni novanta. Le previsioni sono fosche, data la dipendenza del paese dal turismo. I 40 milioni di stranieri attesi per quest’anno non arriveranno e il governo calcola una perdita di 8,4 milioni di posti di lavoro. Finora si sono registrati 3.351 casi di covid-19, 58 morti e nessun contagio da maggio. Afp
Alla manifestazione del 16 agosto hanno partecipato persone di tutte le età: “Non possiamo lasciarli soli”, ha detto una donna di 68 anni. Il movimento a favore della democrazia ha però anche degli oppositori. Non lontano dal monumento decine di manifestanti filomonarchici esibivano ritratti del re e della regina. “Lunga vita al re!”, scandivano con indosso le camicie gialle, il colore della casa reale. Una settimana prima Prayut aveva definito “inaccettabili per la maggioranza dei tailandesi” le richieste dei manifestanti e “pericoloso” il movimento per la democrazia. In un discorso trasmesso più tardi in tv ha usato toni più concilianti, invocando unità e dichiarando che il “futuro appartiene ai giovani”.
A lungo in Thailandia si sono susseguite proteste violente e colpi di stato, e dal 1932 a oggi l’esercito, schierato apertamente con la monarchia, ha guidato più di una decina di golpe. Il malcontento cresce mentre, a causa della pandemia, il regno attraversa una delle fasi economiche peggiori dal 1997. Milioni di persone sono senza lavoro e la crisi ha messo in luce le disuguaglianze dell’economia tailandese, che sembra favorire solo la classe dirigente vicina ai militari. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1372 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati