Non sono molti gli artisti dell’Africa orientale che da vivi riescono a raggiungere dei grandi risultati. Hachalu Hundessa, re incontrastato della musica contemporanea di resistenza oromo (nota come geerarsa), era uno di loro.
Le sue canzoni lo avevano reso una figura centrale nella lotta per l’emancipazione politica degli oromo (almeno 25 milioni di persone che formano la comunità più popolosa dell’Etiopia). Aveva ispirato la generazione qubee, cioè gli oromo nati dopo il 1991, l’anno in cui l’Etiopia adottò il sistema del federalismo etnico, che per questo ricevettero un’istruzione nella loro madrelingua. E i suoi brani erano diventati gli inni delle proteste oromo scoppiate tra il 2015 e il 2018. Quando il 29 giugno ad Addis Abeba Hachalu è stato ucciso con colpi di pistola da aggressori che non sono ancora stati identificati, l’Etiopia ha perso non solo un talento, ma anche un simbolo. L’omicidio ha avuto ripercussioni in tutto il paese, soprattutto nella regione Oromia, a maggioranza oromo, innescando proteste nella capitale e in altre parti del paese. Secondo l’ultimo bilancio della polizia negli scontri sono morte almeno 239 persone e più di mille sono state arrestate, compresi alcuni leader dell’opposizione politica oromo, come Jawar Mohammed, Bekele Gerba e Shigut Geleta.
Tra le violenze, milioni di etiopi piangono la morte di un musicista che ha ispirato una battaglia pacifica contro la repressione e ha aperto la strada a un importante cambiamento politico.
Militanza studentesca
Hachalu Hundessa nasce nel 1986 ad Ambo, una nota città dell’Oromia, cento chilometri a ovest di Addis Abeba. È il quinto figlio di Hundessa Bonsa, impiegato dell’azienda elettrica statale, e di Gudatu Hora, casalinga. Il padre vorrebbe che studiasse medicina, ma lui non è interessato. Le sue passioni sono l’arte e la musica.
È adolescente in un periodo in cui le élite al potere considerano gli oromo una minaccia, e tutti gli appartenenti a questo gruppo etnico, senza distinzioni, subiscono delle forme di repressione a causa della loro opposizione, reale o presunta, al governo. Con il passare del tempo la violenza esercitata dallo stato innesca all’interno della comunità una crescente resistenza. Hachalu frequenta le scuole ad Ambo. Alle superiori entra in un’associazione studentesca dove comincia a cantare e partecipa a un movimento clandestino. In quel periodo le scuole superiori e le università sono spazi del dissenso politico e per questo sono rigidamente sorvegliate dal governo. Nel 2003, a 17 anni, è accusato di appoggiare il Fronte di liberazione oromo (Olf), un’organizzazione nazionalista messa al bando, e viene incarcerato.
Il carcere rappresenta un momento di formazione per Hachalu e contribuisce a trasformarlo in un’icona culturale e politica. L’esperienza lo aiuta a comprendere la precarietà e le vulnerabilità associate alla sua identità etnica, e gli concede il tempo di approfondire la storia etiopica, facendolo diventare uno strumento della rivoluzione e una voce a favore del cambiamento. Dopo cinque anni il musicista viene liberato, senza che a suo carico sia formulata un’accusa.
Nel 2009 esplode sulla scena musicale etiope con l’album Sanyii mootii (Regalità). Gran parte dei testi risalgono ai tempi del carcere e l’album rende Hachalu, a 22 anni, famoso in tutto il paese. Nel giugno del 2015 pubblica il brano Maalan jira (Che esistenza è la mia), una sorta d’incursione etnografica nella precarietà vissuta dagli oromo all’interno dello stato etiope. Parla anche delle spoliazioni e degli espropri di terreni, che hanno sottratto a più di 150mila agricoltori i loro campi nell’area intorno ad Addis Abeba.
Radicato in una sorta di crisi esistenziale, Maalan jira è un potente atto d’accusa contro l’anomalia strutturale dell’Etiopia (che con la costituzione del 1994 ha adottato un sistema federalista su base etnica, in cui la comunità maggioritaria in ogni regione ha dei privilegi a livello istituzionale). E così il brano alimenta in modo discreto, ma profondo, il movimento di protesta che si sta diffondendo nel paese.
La canzone esce pochi mesi dopo la pubblicazione del nuovo piano regolatore di Addis Abeba – che estende il territorio della capitale inglobando cittadine e villaggi della confinante regione Oromia – e quattro mesi prima dell’inizio delle proteste degli oromo, che alla fine costringeranno alle dimissioni il primo ministro Hailemariam Desalegn.
Nell’ottobre del 2017 Hachalu pubblica Jirra (Siamo qui), il seguito di Maalan jira. È una dichiarazione di resistenza, resilienza e autoaffermazione. Registra le trasformazioni culturali che stanno prendendo piede nella comunità oromo e nel panorama politico locale. Esalta l’ottimismo collettivo degli oromo, confermando che la loro non è più una cultura a rischio né una comunità in declino, anzi, è in forte ascesa.
Nel dicembre del 2017 Hachalu si esibisce alla Millennium hall di Addis Abeba, davanti a un pubblico formato anche da dirigenti del Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiope (Eprdf), il partito al potere, tra cui Abiy Ahmed e l’attuale ministro della difesa Lemma Megersa. Sul palco Hachalu sfoga tutta la sua esuberanza, cosa che gli oromo fanno raramente, agitando e rimestando qualcosa nel profondo del pubblico. L’esibizione e la risposta degli spettatori rafforzano l’ala oromo all’interno dell’Eprdf e rendono possibile il cambiamento politico. Nell’aprile dell’anno successivo Abiy, anche lui oromo, presta giuramento come primo ministro dell’Etiopia.
◆ In Etiopia convivono un’ottantina di gruppi etnici. Gli oromo formano il più numeroso (34 per cento della popolazione), seguiti da ahmara, somali e tigrini. Fino alla nomina di Abiy Ahmed, un oromo, a primo ministro nel 2018, il potere era sempre stato nelle mani di ahmara e tigrini.
◆In un recente rapporto l’ong Amnesty international descrive una situazione esplosiva in Etiopia, denunciando esecuzioni extragiudiziali, massacri a sfondo etnico, stupri e arresti arbitrari. Molti abusi sono attribuiti all’esercito e alle forze di sicurezza regionali. Almeno 130 persone sono morte nei conflitti tra le comunità scoppiati nel 2019 nella regione Ahmara, e i cadaveri sarebbero stati nascosti in fosse comuni con la complicità dei militari. Nell’Oromia si denunciano 39 esecuzioni extragiudiziali. Le violenze a sfondo etnico hanno costretto milioni di etiopi a lasciare le loro case. Infine, per l’emergenza covid-19, il governo ha dovuto rinviare quello che sarebbe stato il primo voto democratico e multipartitico del paese, previsto inizialmente il 29 agosto.
Deluso da Abiy Ahmed
Hachalu incarnava le speranze e le aspirazioni di un’intera comunità. Non era solo un ottimo musicista ma anche una persona dotata di grande immaginazione e creatività. Usava i suoi strumenti artistici per affrontare le questioni dell’identità, dell’espropriazione, della precarietà, dell’emarginazione e dell’amore.
Hachalu non si limitava a dire la verità nuda e cruda ai potenti: gliela cantava. E la gente cantava con lui. Faceva sentire terribilmente a disagio molte persone, soprattutto chi aveva il potere. Per questo aveva molti nemici. Nella sua ultima intervista aveva parlato delle continue minacce di morte, raccontando di essere sfuggito per un pelo alla violenza delle forze di sicurezza dopo la sua performance nel dicembre del 2017.
Hachalu era deluso di come stavano andando le cose nel paese e dell’incapacità del governo di rispondere anche alle più elementari rivendicazioni degli oromo. Come molti, Hachalu aveva inizialmente sostenuto il governo di Abiy, che portava con sé la promessa di un cambiamento.
Il talento di Hachalu ha contribuito a portare Abiy al potere, ma la pessima gestione del funerale del musicista da parte del governo (il 2 luglio, ad Ambo, i soldati hanno sparato contro la folla che cercava di entrare nello stadio dove si svolgevano le esequie, uccidendo due persone) ora potrebbe determinarne il declino. Hachalu meritava un commiato con tutti gli onori, e la decisione di far celebrare i riti in fretta e di seppellirlo ad Ambo è stata considerata un affronto alla sua memoria e al popolo oromo.
Anche l’arresto di importanti leader politici oromo ha gettato benzina sul fuoco. Mentre la rabbia cova sotto la cenere, il paese si ritrova in una situazione pericolosa che potrebbe sfociare in nuove violenze e instabilità.
La classe dirigente fatica a contenere la crisi e il popolo è in lutto. La morte di Hachalu è una perdita notevole: lui era in grado di leggere il vento politico e aveva la capacità unica di esprimere le rivendicazioni con estrema chiarezza. Le sue canzoni incantavano gli oromo, gli offrivano una trascendenza estetica ed emotiva, e li invitavano a una riflessione comune. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1366 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati