Il 27 maggio Henry Kissinger ha compiuto cent’anni, ma la sua eredità non se la passa tanto bene. Nonostante molti commentatori parlino oggi di “eredità tormentata”, per decenni l’ex segretario di stato statunitense ha ricevuto lodi unanimi dalla politica e dai mezzi d’informazione. Fuggito adolescente dalla Germania nazista, Kissinger ha ricoperto alcuni tra i ruoli di maggiore potere del pianeta. Dopo essere stato consigliere per la sicurezza nazionale e segretario di stato nelle amministrazioni Ford e Nixon, è diventato stranamente una specie d’icona pop. Un ritratto del giovane uomo di stato
lo descriveva come “il sex symbol dell’amministrazione Nixon”. Nel 1969, sempre secondo lo stesso articolo, Kissinger partecipò a una festa dell’alta società di Washington con una busta con su scritto “Top secret” sotto il braccio. Gli altri invitati alla festa morivano dalla curiosità e lui schivò le loro domande con una battuta: nella busta c’era l’ultimo numero della rivista Playboy. In realtà la busta conteneva una bozza del discorso di Nixon sulla “maggioranza silenziosa”, passato alla storia per il tentativo di tracciare un confine netto tra la decadenza morale dei progressisti contrari alla guerra e l’incrollabile realpolitik del presidente.

Le vere attività top secret che Kissinger conduceva negli anni settanta sono invecchiate altrettanto male. Nel giro di pochi anni fu la mente dietro i bombardamenti illegali in Laos e Cambogia e diede il suo consenso ai genocidi di Timor Leste e del Pakistan orientale. In quel periodo era noto nella cerchia ristretta dell’alta società di Washington come “il playboy dell’ala ovest”. Gli piaceva essere fotografato. Era una presenza fissa nelle pagine di gossip, soprattutto quando le sue avventure con donne famose diventavano di pubblico dominio.

Negli Stati Uniti Kissinger è intoccabile. In quel paese uno dei più feroci macellai del novecento è amato da ricchi e potenti a prescindere dalla loro affiliazione politica

Mentre Kissinger si trastullava con l’alta società di Washington, lui e Nixon architettavano una politica basata sul loro disprezzo per le élite progressiste. Kissinger odiava il movimento di protesta contro la guerra e insultava i manifestanti chiamandoli “studentelli delle classi medio-alte”. Disprezzava anche le donne: “Per me non sono altro che un passatempo, un hobby. Nessuno dedica troppo tempo a un hobby”. Ma è indubbio che Kissinger amasse l’alta società, le feste esclusive, le cene a base di bistecca. E l’alta società ricambiava. Il fondatore di Playboy Hugh Hefner lo considerava un amico e una volta ha dichiarato alla stampa che secondo un sondaggio condotto tra le sue modelle Kissinger era l’uomo più desiderato per un appuntamento.

Questa infatuazione non è finita con gli anni settanta. Quando nel 2013 Kissinger ha compiuto novant’anni, alla sua festa di compleanno ha sfilato una folla che comprendeva il sindaco di New York Michael­ Bloomberg, il presidente di Fox News Roger Ailes, Hillary Clinton e addirittura il “veterano per la pace” John Kerry, assieme ad altri trecento ospiti. In un articolo uscito per la rivista Women’s Wear Daily si leggeva che Bill Clinton e John McCain avevano fatto dei brindisi in una sala da ballo. Poi sul palco è salito il festeggiato, che ha approfittato dell’occasione per sostenere la sua causa preferita: l’accordo tra maggioranza e opposizione. La capacità di Kissinger di metterle d’accordo era celebre. Nel corso della festa McCain continuava a tessere le sue lodi dichiarando che Kissinger “era stato consigliere di ogni presidente repubblicano o democratico fin dai tempi di Nixon”. E probabilmente parlava a nome di tutti i presenti quando ha aggiunto: “Non conosco nessun altro che sia così rispettato in tutto il mondo come Henry Kissinger”. In realtà gran parte del mondo detesta Kissinger. L’ex segretario di stato evitava perfino di viaggiare in alcuni paesi per timore di essere arrestato per crimini di guerra.

Negli Stati Uniti però Kissinger è intoccabile. In quel paese uno dei più feroci macellai del novecento è amato da ricchi e potenti a prescindere dalla loro affiliazione politica. È stato uno dei più importanti strateghi dell’impero americano in una fase cruciale del suo sviluppo. E non c’è da stupirsi se la classe dirigente politica lo considera una risorsa. Ha incarnato quello che i due partiti al potere condividono: la determinazione ad assicurare agli investitori statunitensi condizioni favorevoli in tutto il mondo. Assolutamente senza vergogna, Kissinger è stato in grado di guidare l’impero americano in un periodo pericoloso della storia del mondo, quando il dominio di Wash­ington a volte sembrava sul punto di crollare.

La dottrina Kissinger dura ancora oggi: se un paese sovrano rifiuta di essere inglobato nei più ampi programmi statunitensi, l’apparato di sicurezza nazionale di Washington si attiverà per erodere la sua sovranità. Per gli Stati Uniti questa è ordinaria amministrazione, a prescindere dal partito che siede alla Casa Bianca. E, finché resterà in vita, Kissinger ne sarà uno dei principali artefici. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1514 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati