L a prima volta che ho incontrato Sam Altman era l’estate del 2019, pochi giorni dopo che la Microsoft aveva accettato d’investire un miliardo di dollari nella Open­Ai, la startup da lui fondata quattro anni prima. Abbiamo cenato in un piccolo ristorante moderno non lontano dalla sua casa di San Francisco. A metà della cena ha sollevato il suo iPhone per farmi vedere il contratto che gli era costato mesi di trattative con una delle più grandi aziende tecnologiche del mondo. C’era scritto che l’investimento da un miliardo di dollari della Microsoft avrebbe aiutato l’OpenAi a costruire l’intelligenza artificiale generale (agi), una macchina in grado di fare tutto quello che può fare un cervello umano.

Un’esagerazione

Più tardi, mentre sorseggiava un vino dolce al posto del dessert, Altman ha paragonato la sua azienda al progetto Manhattan, il programma di ricerca militare che portò alla realizzazione delle prime bombe atomiche. Come se stessimo chiacchierando del meteo, mi ha detto che l’impegno statunitense per costruire la bomba atomica era “paragonabile al progetto dell’OpenAi, era ambizioso come il nostro”.

Secondo lui, l’intelligenza artificiale generale porterà al mondo un benessere e una ricchezza mai visti prima. Ma era anche preoccupato perché le tecnologie che la sua azienda stava sviluppando avrebbero potuto provocare gravi danni, per esempio diffondendo disinformazione o cancellando posti di lavoro. O addirittura distruggendo il mondo per come lo conosciamo. “Cerco di essere onesto. Sto facendo qualcosa di buono? O qualcosa di molto cattivo?”, si è chiesto.

Nel 2019 tutto questo sembrava fantascienza. Nel 2023 le persone cominciano a chiedersi se Sam Altman non sia stato più lungimirante di quanto lui stesso immaginava. Oggi l’OpenAi ha lanciato online il programma ChatGpt, che mette a disposizione di chiunque abbia una connessione a internet una tecnologia in grado di rispondere a complessi quesiti di chimica organica, scrivere una tesina su Marcel Proust o generare un soft­ware capace di far nevicare sullo schermo di un portatile, il tutto in modo simile a un essere umano.

E quando molti si sono resi conto che questa tecnologia può essere anche uno strumento per diffondere disinformazione o per convincere le persone a fare cose che non dovrebbero fare, qualcuno ha accusato Altman di essere un incosciente. Più di mille esperti d’intelligenza artificiale e persone influenti nel mondo della tecnologia hanno chiesto alle aziende del settore d’interrompere il loro lavoro su programmi come ChatGpt, sostenendo che pongono “rischi molto gravi alla società e all’umanità”.

Ma Altman non è d’accordo. “Se anche in futuro questi programmi dovessero realizzare tutte le nostre speranze, per ora il clamore che hanno suscitato è davvero esagerato”, mi ha detto pochi giorni fa. C’è tutto il tempo, ha aggiunto, per capire meglio in che modo questi servizi cambieranno il mondo.

Nirvana e apocalisse

Molti ricercatori ed esperti nel campo dell’intelligenza artificiale considerano ChatGpt uno strumento fondamentale come la creazione dei motori di ricerca o dell’iPhone. Pochi però concordano sul futuro di questa tecnologia. Secondo alcuni darà vita a un’utopia in cui ognuno avrà a disposizione tutto il denaro e il tempo di cui ha bisogno. Secondo altri potrebbe distruggere l’umanità. Altri ancora sostengono che non è potente come sembra e ribadiscono che né il nirvana né l’apocalisse sono vicini.

Altman, 37 anni, originario dei sobborghi di St. Louis, negli Stati Uniti, è magro e sembra un ragazzino. Nel ruolo di amministratore delegato dell’OpenAi, incarna in un certo senso tutte queste opinioni apparentemente contraddittorie, sperando di tenere in equilibrio la miriade delle possibilità mentre guida nel futuro questa tecnologia strana, potente e imperfetta. Per questo è spesso criticato da più parti. Chi gli è vicino però pensa che sia giusto così.

“Se fai arrabbiare allo stesso modo entrambi gli schieramenti più estremi, allora stai andando bene”, ha dichiarato il presidente dell’OpenAi, Greg Brockman.

Durante il breve periodo passato a Stanford ha imparato più cose nelle notti trascorse a giocare a poker che durante i corsi universitari

Passando del tempo con Altman, si capisce bene che la Silicon valley porterà avanti questa tecnologia pur non essendo del tutto sicura delle sue implicazioni. Durante la cena del 2019 Altman aveva parafrasato Robert Oppenheimer, direttore del progetto Manhattan, convinto che la bomba atomica fosse un passaggio inevitabile del progresso scientifico. “La tecnologia succede perché è possibile”, aveva detto, facendomi notare che lui e Oppenheimer sono nati lo stesso giorno. Secondo Altman l’intelligenza artificiale arriverà in un modo o nell’altro, farà cose meravigliose che neanche lui riesce a immaginare e troveremo dei modi per limitare eventuali danni.

Questo atteggiamento riflette la sua vita, che è stata una scalata ininterrotta verso la ricchezza, alimentata dal talento personale, ma anche da un po’ di fortuna. Ha senso che una persona così sia ottimista. In ogni caso, ha preparato un’uscita di sicurezza: nei contratti con gli investitori come la Microsoft, il consiglio d’amministrazione dell’OpenAi si riserva il diritto di fermare tutto in qualsiasi momento.

Il futuro è già qui

Superiamo un cartello con la scritta: “Attenti alle mucche”. Altman passa i fine settimana nella sua tenuta a Napa, in California, dove i braccianti coltivano uva e allevano bestiame. Normalmente l’imprenditore e il suo compagno, Oliver Mulherin, un ingegnere informatico australiano, abitano sulla Russian hill, nel cuore di San Francisco. Il venerdì, però, si trasferiscono nella tenuta, un posto tranquillo tra colline rocciose coperte di erba. La casa, costruita venticinque anni fa, è stata ristrutturata per apparire al tempo stesso tradizionale e contemporanea. Avvicinandosi alla proprietà si vedono mucche libere di vagare tra i campi verdi e le strade ricoperte di ghiaia. Altman convive con le contraddizioni anche nel suo rifugio di campagna: è un vegetariano che alleva bovini. Al suo compagno piacciono, racconta.

Non molto tempo fa, durante una passeggiata pomeridiana, ci siamo fermati a riposare sulle sponde di un laghetto. Guardando verso l’acqua abbiamo discusso ancora una volta del futuro dell’intelligenza artificiale. Il messaggio di Altman non è cambiato molto dal 2019. Ma le parole si sono fatte più audaci. La sua azienda, ha detto, sta costruendo una tecnologia in grado di “risolvere alcuni dei nostri problemi più urgenti, alzare gli standard di vita e capire come sfruttare al meglio la volontà e la creatività umana”. Non sapeva di preciso quali problemi risolverà, ma sosteneva che ChatGpt mostra i primi segnali di quello che si potrà fare. Poi ha detto di essere preoccupato perché, se dovesse finire nelle mani di qualche governo autoritario, potrebbe provocare danni gravi.

Altman tende a descrivere il futuro come se fosse già qui. E lo fa con un ottimismo che sembra davvero mal riposto nel mondo contemporaneo. Al tempo stesso ha un modo tutto suo di dare spazio anche alle opinioni opposte. Secondo Kelly Sims, del fondo d’investimento Thrive capital ed ex consigliera d’amministrazione dell’OpenAi, è come se discutesse continuamente con se stesso: “Difende entrambe le posizioni di un dibattito”.

Altman è un tipico prodotto della Silicon valley della metà degli anni dieci, un periodo di crescita rapida ed entusiasta. Tra il 2014 e il 2019, nel ruolo di presidente della Y Combinator, un’azienda che aiuta le startup ad avviare la loro attività, ha affiancato molte imprese ed è stato abbastanza accorto da investire personalmente in alcune di quelle che poi sarebbero diventate famose, come Airbnb, Reddit e Stripe. Si vanta di saper riconoscere il momento in cui una tecnologia sta per raggiungere un punto di crescita esponenziale e di saperne approfittare.

È però anche il prodotto di una strana comunità online che, più o meno nello stesso periodo in cui Altman è arrivato nella Silicon valley, ha cominciato a chiedersi se l’intelligenza artificiale un giorno potrebbe distruggere il mondo. Definiti razionalisti o altruisti efficaci, i seguaci di questo movimento sono stati strumentali alla creazione dell’OpenAi.

Il punto è capire se i due lati di Sam Altman sono compatibili oppure no: ha senso cavalcare il successo di una tecnologia se questa potrebbe portare al disastro? Non è spinto solo dai soldi. Come per molte persone della Silicon valley con grandi patrimoni personali legati a un’ampia varietà di aziende pubbliche e private, è difficile delineare con precisione la sua ricchezza.

Mentre andavamo a spasso nella tenuta, però, mi ha detto che non possiede azioni dell’OpenAi. Dall’azienda riceve solo un compenso di circa 65mila dollari all’anno – “il minimo per l’assicurazione sanitaria”, commenta – e mantiene una piccola fetta di un vecchio investimento fatto dalla Y Combinator.

Il suo vecchio mentore Paul Graham, fondatore della Y Combinator, spiega così le motivazioni di Altman: “Perché sta lavorando a qualcosa che non lo farà diventare più ricco? Tanto per cominciare, molte persone lo fanno quando hanno accumulato ricchezza a sufficienza, e questo probabilmente è il caso di Sam. E poi gli piace il potere”.

Spazio sicuro

Alla fine degli anni novanta la John Burroughs school, una scuola privata intitolata al naturalista e filosofo statunitense dell’ottocento, invitò un consulente indipendente perché osservasse la vita quotidiana nel campus di St. Louis. Dal rapporto del consulente emergeva una critica significativa: gli studenti trasudavano omofobia.

All’inizio degli anni duemila Altman, studente di 17 anni della John Burroughs, si mise in testa di cambiare la cultura della scuola, convincendo gli insegnanti ad attaccare sulle porte delle aule dei cartelli con scritto “Spazio sicuro”, per prendere posizione a sostegno degli studenti gay come lui. Fece coming out nel suo ultimo anno di scuola e ha raccontato che quando era adolescente St. Louis non era un posto facile per chi era gay.

Agli occhi di Georgeann Kepcher, che insegnava informatica, Altman era uno degli studenti più brillanti del suo corso: “Aveva creatività e capacità di guardare lontano, che si combinavano con l’ambizione e la capacità di convincere gli altri ad aiutarlo a realizzare le sue idee”. Altman mi ha detto che la richiesta di attaccare il cartello “Spazio sicuro” la fece anche a un insegnante particolarmente omofobo, solo per il gusto di provocarlo.

Anche Graham, che ha lavorato per dieci anni con Altman, ha notato quella capacità di persuasione: “Ha un’abilità naturale a convincere le persone a fare le cose. Forse non era una dote innata, ma di certo l’aveva già sviluppata pienamente prima dei vent’anni. Ho incontrato Sam per la prima volta quando aveva 19 anni e ricordo che pensai: ‘Probabilmente anche Bill Gates doveva essere così’”.

Una presentazione nella sede della Microsoft. Redmond, 7 febbraio 2023 (Ruth Fremson, The New York Times/Contrasto)

I due si sono conosciuti nel 2005, quando Altman fece domanda per entrare alla Y Combinator. Ottenne il posto e anche un finanziamento iniziale di diecimila dollari. Dopo il suo secondo anno all’università di Stanford lasciò gli studi per costruire la sua nuova azienda, la Loopt, una startup nel campo dei social network che consentiva alle persone di condividere la loro posizione con gli amici e la famiglia.

Oggi racconta che durante il breve periodo passato a Stanford ha imparato più cose nelle notti passate a giocare a poker che durante i corsi universitari. Dopo il primo anno aveva lavorato nel laboratorio d’intelligenza artificiale e robotica sotto la supervisione del professor Andrew Ng, che in seguito avrebbe fondato il laboratorio d’intelligenza artificiale di Google. Il poker però gli ha insegnato come capire le persone e soppesare i rischi. “È un gioco fantastico”, mi ha detto mentre passeggiavamo nella tenuta di Napa.

Dopo aver venduto la Loopt per una cifra abbastanza modesta, entrò alla Y Combinator. Tre anni dopo Graham lasciò la presidenza dell’azienda e indicò come suo successore Altman, che allora aveva 28 anni, con grande sorpresa di molte persone nel settore tecnologico.

Altman non è un programmatore informatico né un ingegnere o un ricercatore nel campo dell’intelligenza artificiale. Ma è la persona che di solito stabilisce le priorità, mette insieme i gruppi di lavoro e conclude gli accordi. Da presidente della Y Combinator ha fatto di tutto per ingrandire l’azienda, avviando un nuovo fondo d’investimento e un laboratorio di ricerca e aiutando centinaia di startup ogni anno. Ha anche cominciato a lavorare a diversi progetti esterni, tra cui l’Open­Ai, che ha fondato come organizzazione senza scopo di lucro nel 2015 insieme a un gruppo di cui faceva parte anche Elon Musk.

Per stessa ammissione di Altman, alla Y Combinator avevano paura che stesse disperdendo le sue energie su troppe cose. Aveva deciso così di concentrare la sua attenzione su un progetto che, per dirla con le sue parole, avrebbe avuto un forte impatto sul mondo. Dopo aver valutato di fare politica, ha scelto l’intelligenza artificiale.

Secondo il suo fratello minore, Max, era convinto di essere una delle poche persone in grado di cambiare il mondo attraverso la ricerca sull’intelligenza artificiale.

Nel 2019, mentre le attività nei laboratori dell’OpenAi stavano per decollare, Altman ha assunto la guida dell’azienda, dimettendosi dalla presidenza della Y Combinator per concentrarsi su un’impresa con meno di cento dipendenti che non sapeva come fare a pagare le bollette. Nel giro di un anno ha trasformato l’Open­Ai creando una divisione per le attività a scopo di lucro. Così poteva cercare i soldi necessari a costruire una macchina in grado di fare tutto quello che fa un cervello umano.

L’accordo

Alla metà degli anni dieci, Altman viveva in un appartamento di tre camere da letto e tre bagni a San Francisco con il suo ragazzo dell’epoca, i due fratelli e le loro ragazze. Nel 2016 i fratelli sono andati per la loro strada, ma sono rimasti in contatto con Sam su una chat in cui per gran parte del tempo si scambiavano scemenze come fanno tutti i fratelli, ricorda Max.

Un giorno Altman ha mandato un messaggio in cui annunciava di voler raccogliere un miliardo di dollari per finanziare la ricerca all’interno della sua azienda. C’è riuscito nel giro di un anno. Dopo aver incontrato l’amministratore delegato della Microsoft Satya Nadella al raduno di Sun Valley, nell’Idaho, spesso definito un “campo estivo per miliardari”, ha negoziato personalmente un accordo con lui e il direttore tecnico della multinazionale Kevin Scott. Qualche anno dopo Altman ha scritto di nuovo ai fratelli, dicendogli che aveva in programma di raccogliere altri dieci miliardi. Ha centrato l’obiettivo a gennaio del 2023, dopo aver firmato un altro contratto con la Microsoft.

Secondo Greg Brockman, presidente dell’OpenAi, il vero talento di Altman è intuire cosa vuole la gente. “S’impegna davvero per capire quello che interessa di più alle persone, e poi cerca di trovare un modo per darglielo”, mi ha detto Brockman. “Quello è l’algoritmo che usa di continuo”.

L’accordo con la Microsoft ha messo l’OpenAi al centro di un movimento destinato a cambiare tutto, dai motori di ricerca alle applicazioni per la posta elettronica. E sta succedendo a una velocità che sorprende perfino chi si occupa di questa tecnologia da decenni.

Nel pieno della frenesia, Altman mantiene la solita calma, anche se dichiara di usare ChatGpt per poter sintetizzare velocemente la valanga di email e documenti che riceve ogni giorno.

Kevin Scott è convinto che alla fine Altman sarà considerato al pari di Steve Jobs, Bill Gates e Mark Zuckerberg. “Sono persone che hanno lasciato un segno indelebile nella struttura stessa del settore tecnologico e forse in quella del mondo”, ha detto.

Il problema è che, a differenza dei tempi in cui la Apple, la Microsoft e la Meta conquistavano il mercato, oggi le persone sanno molto bene in che modo la tecnologia può cambiare il mondo e quanto, però, può essere pericolosa.

A marzo Altman ha pubblicato su Twitter un selfie in cui, immerso in una luce arancione pallido, si mostrava sorridente tra una donna bionda che faceva il segno della pace e un tizio con la barba e un borsalino in testa. La donna era la cantante canadese Grimes, ex compagna di Elon Musk, e il tizio con il cappello era Eliezer Yudkowsky, che si definisce ricercatore nel settore dell’intelligenza artificiale ed è convinto forse più di chiunque altro del fatto che un giorno questa potrebbe distruggere l’umanità. Il selfie, scattato da Altman a una festa organizzata dalla sua azienda, mostrava la vicinanza di Yudkowsky al suo modo di pensare, anche se l’imprenditore non ha perso il suo ottimismo.

Yudkowsky e i suoi scritti hanno giocato un ruolo importante nella creazione dell’OpenAi e di DeepMind, un altro laboratorio che sta lavorando alla creazione di un’intelligenza artificiale generale. Ha anche contribuito a creare la vasta comunità online di razionalisti e altruisti efficaci convinti del fatto che l’intelligenza artificiale sia pericolosa. Questo gruppo sorprendentemente influente è rappresentato da ricercatori appartenenti a molti dei laboratori d’intelligenza artificiale più importanti, tra cui quello dell’OpenAi. Non la considerano un’ipocrisia: sono convinti di essere i più adatti a sviluppare questa tecnologia, proprio perché ne comprendono i pericoli meglio di chiunque altro.

Altman è convinto che gli altruisti efficaci abbiano giocato un ruolo importante nell’ascesa dell’intelligenza artificiale, avvertendo il settore dei possibili rischi. Ma pensa che stiano esagerando nell’indicare i pericoli. Mentre l’OpenAi sviluppava ChatGpt, molte altre aziende, comprese Google e la Meta, stavano costruendo una tecnologia simile. Ma sono stati Altman e l’OpenAi a scegliere di condividerla con il resto del mondo. Molti hanno criticato questa decisione, sostenendo che avrebbe innescato una corsa a rendere disponibile una tecnologia ancora imperfetta e potenzialmente in grado molto presto di alimentare la disinformazione. Il 4 aprile in Italia il garante della privacy ha temporaneamente bloccato ChatGpt, citando rischi legati alla privacy e timori che i minori possano essere esposti a materiali sessualmente espliciti.

Un decollo molto lento

Altman sostiene che, invece di sviluppare e collaudare la tecnologia a porte chiuse, è più sicuro condividerla un po’ alla volta in modo che tutti possano comprenderne meglio i rischi. Dovrebbe essere un “decollo molto lento”, mi ha detto. Quando gli ho chiesto se una macchina in grado di fare tutto quello che fa un cervello umano finirà per azzerare il prezzo della manodopera, ha detto che non riesce a immaginare un mondo in cui l’intelligenza delle persone sia inutile.

Anche se dovesse sbagliarsi, è convinto che saprà farsi perdonare. Ha modellato l’OpenAi come un’azienda che mette un limite ai profitti. Così è riuscito a raccogliere finanziamenti per miliardi di dollari promettendo i profitti agli investitori come la Microsoft. Questi guadagni però hanno un limite, e qualsiasi ricavo extra sarà reinvestito nel ramo senza scopo di lucro dell’OpenAi, fondato nel 2015. Altman è convinto che l’azienda intercetterà gran parte della ricchezza del mondo attraverso la creazione dell’intelligenza artificiale generale e che poi la ridistribuirà alle persone. A Napa, dove ci siamo seduti a chiacchierare sulle sponde di un lago, ha snocciolato una serie di cifre: cento miliardi di dollari, mille miliardi di dollari, centomila miliardi di dollari.

Anche se l’intelligenza artificiale generale dovesse creare tutta questa ricchezza, Altman non ha ancora ben chiaro in che modo l’azienda potrà ridistribuirla. I soldi potrebbero avere un significato completamente diverso in questo mondo nuovo. Ma, come mi ha detto una volta: “Ho la sensazione che l’intelligenza artificiale generale potrebbe aiutarci a capire come fare”. ◆ gim

Biografia

1985 Nasce a St. Louis, negli Stati Uniti, in una famiglia di religione ebraica.
2005 Abbandona l’università e fonda il social network Loopt.
2014 Diventa il presidente dell’azienda Y Combinator, che affianca e sostiene le startup. Nello stesso anno, per otto giorni, fa l’amministratore delegato di Reddit.
2015 Fonda l’OpenAi.
2020 Crea Worldcoin, un progetto per una criptovaluta basata sulla scansione dell’iride.


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Questo articolo è uscito sul numero 1507 di Internazionale, a pagina 70. Compra questo numero | Abbonati