Cos’hanno in comune la settimana bianca, un matrimonio e le prove del coro? Sono tutte occasioni di “superdiffusione” del nuovo coronavirus, cioè situazioni in cui una persona infetta trasmette il virus a un numero particolarmente alto di persone. Anche se non c’è una definizione ufficialmente riconosciuta, a volte il termine superdiffusione è usato per riferirsi a un evento in cui qualcuno trasmette il virus ad almeno sei persone. Da mesi sentiamo ripetere che il parametro R, cioè il numero di riproduzione, misura la diffusione del covid-19: è infatti il numero medio di persone a cui ogni infettato passa il virus. Prima del lockdown, nel Regno Unito il numero R si aggirava tra 2 e 3. Oggi, invece, si pensa che nella quantità di nuovi casi generati da ogni contagiato ci sia grande variabilità, che si può descrivere con il “fattore K”, o parametro di dispersione: minore è K, maggiore è la variabilità. Per ottenere un quadro più completo della diffusione del virus all’interno di una comunità occorre quindi conoscere sia R sia K.
Secondo uno studio (pubblicato su Research Square) che analizza come il covid-19 sia uscito dalla Cina per propagarsi in altri paesi alla fine di febbraio, all’epoca il fattore K era bassissimo: 0,1. I ricercatori hanno calcolato che l’80 per cento dei casi è stato provocato dal 10 per cento circa delle persone infette: quel 10 per cento poteva scatenare un cluster (aggregazione di casi in un’area o in un periodo), quasi tutti gli altri non avrebbero trasmesso il nuovo coronavirus a nessuno e in pochi lo avrebbero passato solo a un’altra persona.
La superdiffusione, cioè, è parte integrante della pandemia, come spiega Quentin Leclerc, della London school of hygiene and tropical medicine. In un caso studiato a fondo, durante le prove di un coro di 61 elementi che si sono tenute una sera di marzo negli Stati Uniti, un solo corista ne ha infettati 52. I medici hanno seguito i contatti di ogni caso secondario, tre o quattro persone ciascuno, riscontrando solo dieci contagi ulteriori, riferisce la funzionaria sanitaria Lea Hamner. È come se quella sera sia successo qualcosa di qualitativamente diverso. Ma cosa?
I cluster sono tipici anche di altre malattie, tra cui l’hiv, la tubercolosi e la febbre tifoide. Quest’ultima fu superdiffusa all’inizio del novecento da una cuoca di New York passata alla storia come Typhoid Mary (Mary la tifoide). A quanto pare la trasmissione dei germi fu favorita da un elemento biologico, probabilmente una forte carica batterica.
Nel caso del covid-19 la carica virale potrebbe avere un ruolo centrale, ma questo aspetto non è stato studiato, e farlo non è semplice, spiega Benjamin Cowling, dell’University of Hong Kong. “La carica virale della saliva non corrisponde alla quantità di virus espulsa espirando. Bisognerebbe prelevare campioni di aria”.
◆ “Un focolaio di covid-19 scoppiato su un peschereccio statunitense ha risparmiato i marinai che avevano già sviluppato anticorpi contro la malattia”, scrive Nature. Secondo i ricercatori dell’University of Washington school of medicine di Seattle, “l’episodio è una prova che gli anticorpi sviluppati in seguito a un contagio possono proteggere da una seconda infezione”. Prima della partenza, i ricercatori avevano fatto i test a 120 dei 122 componenti dell’equipaggio, e tutti erano risultati sani. Al ritorno 104 persone erano infette. I marinai che, in base alle prime analisi, avevano già anticorpi contro il covid-19, non si sono ammalati.
◆ L’11 agosto il presidente Vladimir Putin ha annunciato che la Russia ha approvato un vaccino “sicuro ed efficace”, lo Sputnik V, contro il covid-19. La vaccinazione di massa dovrebbe cominciare a ottobre. La notizia ha suscitato molti dubbi tra gli esperti, scrive New Scientist. “I ricercatori russi hanno realizzato le fasi I e II della sperimentazione, quelle in laboratorio, ma non hanno pubblicato i risultati e quindi non sappiamo quant’è sicuro il vaccino. Invece la fase III, quella sugli esseri umani, è appena cominciata. Quindi non sappiamo neanche se funziona”.
◆ Fino al 17 agosto la pandemia di covid-19 aveva provocato più di 770mila morti nel mondo, scrive Le Monde. Le persone infettate sono più di 21,7 milioni, mentre i guariti sono 13,4 milioni. Il 17 agosto l’Italia ha introdotto l’obbligo di indossare la mascherina tra le 18 e le 6 in tutti i luoghi pubblici in cui sono possibili assembramenti di persone. Il decreto sospende l’attività nelle discoteche e nei locali notturni all’aperto. Al 17 agosto l’Italia registra 254.235 casi di covid-19 e più di 35.400 morti.
◆ Anche animali domestici come cani e gatti si ammalano di covid-19, scrive Science Magazine. Ma non si sa bene quanto siano contagiosi. I pochi studi realizzati finora fanno pensare che “non rappresentino un grande rischio per gli esseri umani”.
Tratti ricorrenti
Oltre all’elemento biologico, poi, sembrano importanti anche le circostanze della diffusione, che mostrano alcuni tratti ricorrenti. A Hong Kong, dopo aver rintracciato le persone con cui sono entrati in contatto i primi 1.037 ammalati di covid-19, il team di Cowling ha rilevato un fattore K più alto di quello riscontrato nella stima precedente, pari a 0,45, ma ha comunque confermato che l’80 per cento dei casi della zona è stato provocato dal 20 per cento degli infetti.
Il team ha scoperto che gli eventi di superdiffusione tendevano ad avvenire al chiuso, tra persone a stretto contatto; che le occasioni mondane generavano più cluster rispetto ai luoghi di lavoro o alle case; che il rischio sembra maggiore quando si alza la voce, per esempio se si canta o si grida. “Conta il volume d’aria che esce dai polmoni”, spiega Cowling.
Comprendere il fenomeno della superdiffusione diventa ancora più essenziale ora che i casi di covid-19 diminuiscono in diversi paesi, sostiene Adam Kleczkowski, dell’università di Strathclyde, nel Regno Unito. Quando i casi aumentano in modo esponenziale gli eventi di superdiffusione sono meno importanti, osserva, perché i cluster che si propagano e si fondono sono tanti.
Evitare i cluster di trasmissione è invece cruciale all’inizio di un’epidemia, prima che i casi aumentino sensibilmente, o più avanti, quando diminuiscono e bisogna evitare una seconda ondata.
Come facciamo a limitare la probabilità che si verifichino ulteriori eventi di superdiffusione? “Per ora i princìpi guida sono: stare all’aperto è più sicuro che stare al chiuso e meno si è, meglio è”, dice Hamner. Non saranno novità, eppure sensibilizzare le persone sull’importanza della superdiffusione potrebbe incoraggiare a evitare, o quantomeno ridurre, le situazioni a rischio. E sarebbe inoltre utile sapere come i vari paesi allentano le misure di lockdown, sostiene Leclerc, il cui team ha creato un database degli eventi di superdiffusione in tutto il mondo. Per citare un esempio, solo otto dei 201 cluster individuati sono stati generati nelle scuole, che all’inizio della pandemia erano considerate potenziali focolai di infezioni. Individuare i cluster in tempo reale è vitale anche per il tracciamento dei contatti, aggiunge Leclerc. “Localizzando gli eventi di superdiffusione e trovando gli infettati, l’epidemia si può fermare”. ◆ sdf
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Questo articolo è uscito sul numero 1372 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati