“Solo ballare” dice la mia amica quando parliamo della fogna in cui siamo finiti tutti, e mi sembra il concetto meno escapista che possa esprimere. Adombrato il tempo dei dibattiti digitali perfino sulle sciocchezze, ridicola e pretenziosa l’idea di smontare il tecnofascismo continuando a fare i suoi volontari, “solo ballare” magari è un modo per adescare le persone negli spazi pubblici, e tra una sudata e l’altra si riaffermerà il senso di una nuova concretezza. Che ben emerge dal disco New Bianchini di Whitemary (42 Records), un gioiellino di notti scese male con slanci di vitalismo autocosciente in cui acquisire un rinnovato senso di sé e del proprio corpo. Scrive, produce, registra e cura le grafiche da sola; sempre da sola cura l’immaginario del disco.

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In brani come Oggi va così Whitemary riattiva quella che all’epoca della prima Grimes sembrava una piccola rivoluzione di femminismo e tecnica. Poi Grimes è degenerata nel buco gravitazionale di Elon Musk, invece Whitemary fa un’altra cosa: i suoi beat sono meno mediati da costrutti teorici, suonano più “sinceri”, aggettivo che detesto, poi mi ricordo che nel dialetto del mio paese si usava per indicare uno stato di sobrietà, una ripresa dalla sbronza. Ecco, Whitemary è l’amica che ti seduce con i movimenti ma ti richiama alla realtà con la chiarezza dei suoi testi: fa male essere te, la mia parte di buio dov’è, mi rompo e poi mi aggiusto, non c’è limite al profondo, e molto spesso è pure peggio. Bisogna essere grati ai dischi come New Bianchini, che ti fanno veramente uscire di casa. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1598 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati