L’inverno è arrivato. Nei giorni scorsi a Bachmut, la città sulla linea del fronte sottoposta all’attacco incessante delle forze russe, le temperature sono scese fino a undici gradi sottozero. Presto il fango e la pioggia dell’autunno lasceranno il posto alla neve e al gelo, e a temperature inferiori a venti gradi sottozero. Eppure entrambi gli schieramenti hanno motivi per continuare a combattere.

In questa guerra che va avanti da quasi dieci mesi il clima è un fattore neutro, ma d’inverno rappresenta inevitabilmente un limite. Al freddo anche le operazioni semplici diventano più lente, la copertura offerta dal fogliame si riduce o scompare e c’è bisogno di razioni alimentari più grandi perché i soldati consumano più calorie. Il riparo e il calore sono fondamentali, soprattutto perché gli eserciti devono fare in modo che i soldati possano asciugarsi per evitare il rischio di ipotermia e congelamento. Per ospitare le truppe durante l’inverno servono bunker ben attrezzati e scavati in profondità.

“Addestramento, morale e leadership diventano elementi cruciali”, spiega Ben Barry, ex capocarro dell’esercito britannico che ha fatto parte della forza di stabilizzazione postbellica della Nato in Bosnia durante il gelido inverno del 1995-1996. “Al freddo è facile lasciarsi demoralizzare. Pensate a una vacanza sulla neve male organizzata, senza equipaggiamento né pianificazione. In Bosnia ho visto soldati che tremavano dal freddo e volevano solo tornare nei loro bunker a bere”.

Un aspetto fondamentale delle operazioni invernali sarà la qualità degli equipaggiamenti. Le donazioni degli alleati occidentali all’Ucraina stanno arrivando in abbondanza. A ottobre il Canada ha promesso di inviare cinquecentomila capi di abbigliamento invernale, la Germania ha offerto centomila giacche pesanti e il Regno Unito venticinquemila set completi di vestiti invernali. Anche i paesi nordici stanno contribuendo. Per gli ucraini la sfida sarà fare in modo che queste forniture arrivino al fronte.

I veri interrogativi riguardano i russi. Mosca dispone di alcune forze d’élite addestrate a combattere nei climi freddi, anche se l’ottantesima brigata d’assalto artica è impegnata in Ucraina ormai da luglio e sarà certamente indebolita. I mezzi d’informazione indipendenti russi e i blog militari sono pieni di storie di persone arruolate e mandate al fronte che devono comprarsi da sole indumenti termici e sacchi a pelo e perfino chiedere stufe per scaldarsi.

Nei giorni scorsi però è circolata la notizia che alla fine di novembre alcuni aerei da carico russi An-124 sarebbero atterrati in Cina nove volte in una settimana, a volte dopo aver spento i localizzatori. Secondo Orysia Lutsevych del centro studi Chatham House pare che gli aerei abbiano imbarcato vestiti militari invernali per aiutare la Russia a compensare le sue carenze.

La battaglia di Bachmut

I racconti delle eroiche vittorie ottenute dalla Russia nel 1812 e dopo l’invasione tedesca del 1941 grazie all’inverno vanno bene per la propaganda, ma in questa guerra sono i russi gli invasori. Le loro linee di rifornimento in territorio ucraino, quasi esclusivamente su rotaia, restano esposte ai lanciarazzi Himars, e i risultati mediocri ottenuti finora nel conflitto lasciano pensare che i soldati russi saranno molto più vulnerabili degli avversari.

Nel frattempo la situazione sul campo è simile a quella di maggio e giugno. Allora nel Donbass si combatteva a Severodonetsk, mentre oggi lo scontro è nella vicina Bachmut, dove circa ventimila soldati russi ritirati da Cherson sono stati schierati a sostegno dell’offensiva per conquistare la città. Sembra che gli invasori stiano infine riuscendo ad avanzare a est e a sud del centro abitato.

Bachmut non ha alcun valore strategico, ma a Kiev alcuni pensano che il generale Sergei Surovikin, comandante delle forze russe in Ucraina, possa aver promesso al presidente Vladimir Putin che avrebbe conquistato il resto del Donbass per ottenere l’autorizzazione ad abbandonare Cherson, strategicamente vulnerabile. È un’ipotesi plausibile, ma anche se Bachmut dovesse cadere, le città di Kramatorsk e Sloviansk, obiettivo finale dell’offensiva, si trovano a più di trenta chilometri di distanza, e finora l’avanzata è stata lenta.

Difendere Bachmut sarà costoso, ma i comandanti ucraini saranno felici di lasciare che i russi si logorino, effettuando nel frattempo incursioni lungo il resto del fronte alla ricerca di punti deboli, come hanno fatto a settembre. Secondo l’Institute for the study of war le voci di un ritiro da Zaporižžja “sembrano suggerire che le forze russe non sono in grado di difendere le zone critiche di fronte all’intensificarsi degli attacchi ucraini”, anche se è difficile avere notizie certe.

L’Ucraina vorrà continuare ad attaccare per dimostrare che dopo la vittoria di Cherson l’inerzia del conflitto è ancora dalla sua parte, ma per questo servirà un clima ancora più freddo. Muoversi è quasi impossibile quando il terreno è fangoso e le temperature si aggirano intorno allo zero: i veicoli sono costretti a restare sulle strade, dove possono essere individuati e colpiti facilmente, come hanno scoperto a loro spese i russi nel fallito tentativo di conquistare Kiev a primavera. Ma quando il terreno sarà ghiacciato per gli ucraini si presenteranno nuove opportunità, perché i veicoli potranno avventurarsi fuori strada, garantendo la flessibilità indispensabile per un nuovo sfondamento.

Le forze ucraine dovranno muoversi in un contesto caratterizzato dal peggioramento della situazione umanitaria. I continui attacchi russi contro le centrali elettriche hanno privato della corrente ampie aree del paese e danneggiato metà della rete. Ma per quanto drammatica, questa emergenza non dovrebbe avere un grande impatto al fronte, dove si fa largo uso dei generatori a combustibile per mantenere al caldo le truppe.

Resta da capire se l’esercito ucraino sarà in grado di mettere insieme forze sufficienti nel punto giusto. Le vittorie nella regione di Charkiv a settembre e a Cherson a novembre sono state ottenute contro avversari che si trovavano sulla riva sbagliata di grandi fiumi, e in entrambi i casi i russi si sono ritirati. Inoltre entrambi gli schieramenti sanno che la stagione decisiva potrebbe essere la primavera, e che sarà più importante superare l’inverno in buone condizioni che ottenere una vittoria immediata. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1490 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati