Negli ultimi tre mesi l’Italia è stata la principale porta d’ingresso per i migranti che hanno raggiunto l’Europa in modo irregolare. Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, indica che più della metà degli ingressi nell’Unione europea (27.651 nei primi tre mesi del 2023) è avvenuta via mare attraverso la rotta del Mediterraneo centrale. Il fenomeno non è nuovo.

Negli ultimi dieci anni in Italia l’immigrazione irregolare è il principale cavallo di battaglia elettorale, soprattutto della destra. Per questo motivo, e visto l’aumento degli arrivi negli ultimi mesi, il governo guidato da Giorgia Meloni, leader di un partito di estrema destra, l’11 aprile ha decretato lo stato d’emergenza. Una misura insolita, applicata per un caso simile solo nel 2011 durante l’ultimo governo Berlusconi, per rispondere a diversi problemi: il forte aumento degli sbarchi, la scarsa capacità di un sistema d’accoglienza ormai smantellato e un chiaro avvertimento all’Unione europea sulla necessità di affrontare insieme questa sfida.

Picco insolito

Gli effetti del provvedimento non sono ancora chiari. Si sa che è motivato dal sovraffollamento dei centri d’accoglienza, come quello di Lampedusa, che prevederà uno stanziamento iniziale di cinque milioni di euro, da aumentare al bisogno fino a trecento, e che sarà nominato un commissario.

Dal 1 gennaio al 13 aprile 2023, secondo i dati del ministero dell’interno italiano, gli arrivi in Italia via mare (32.769) sono quadruplicati rispetto allo stesso periodo del 2022 (7.928) e del 2021 (8.505). A marzo c’è stato un picco insolito (13.216), e questo fa pensare che alla fine dell’anno si potranno superare i 181mila sbarchi del 2016. Anche il numero di morti su questa rotta del Mediterraneo ha raggiunto un altro massimo storico nell’ultimo trimestre: 441 persone. Tutto questo giustifica lo stato d’emergenza?

Migrazioni
Gli arrivi in Europa
Fonti: Frontex/El País

Gli arrivi tra gennaio e marzo 2023 e variazione rispetto allo stesso periodo del 2022. La dimensione dei cerchi è proporzionale agli arrivi nel primo trimestre dell’anno.


Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) e codirettore dell’Ispi data lab, ritiene che la situazione presenti “alcuni elementi di eccezionalità”. “Non mi esprimo sul fatto che abbia senso dichiarare lo stato di emergenza. È una decisione politica. Ma è inconfutabile che il livello degli sbarchi nei primi tre mesi dell’anno sia il più alto della storia. Anche più del 2017, che è stato un record assoluto considerato lo stesso periodo di tempo. Se la tendenza continua come in questi tre mesi potremmo arrivare a 180mila sbarchi, anche se la nostra stima ne prevede 130mila”, dice. C’è un’altra questione cruciale. In questo momento ci sono circa 120mila posti disponibili nel sistema d’accoglienza. Secondo gli esperti, se si superassero le 150mila presenze sarebbe difficile affrontare la situazione. Il problema principale ora è la gestione degli arrivi attraverso la rete d’accoglienza nazionale. Un sistema che ha raggiunto una capacità massima di 190.674 persone nell’ottobre 2017, ma che è stato smantellato durante il periodo in cui il leader della Lega Matteo Salvini è stato ministro dell’interno, dal 2018 al 2019.

Il tipo di centri d’accoglienza è cambiato e ci sono meno fondi a disposizione, per cui molti bandi vanno deserti. Lo stato d’emergenza risolverebbe questa situazione? In parte sì: dovrebbe accelerare le procedure per l’aggiudicazione dei bandi e stanziare più fondi, che saranno coordinati da un commissario. Ma ci sono dei dubbi. Nel 2018 Salvini ha sostituito la protezione umanitaria con un permesso speciale, riducendo i casi in cui questo si poteva concedere. La conseguenza è stata che prima la protezione era concessa al 40 per cento dei migranti, poi circa al 20 per cento. La percentuale è aumentata di nuovo quando al ministero dell’interno è arrivata Luciana Lamorgese, che ha introdotto la protezione speciale. “Se fossimo rimasti alla percentuale voluta da Salvini, oggi ci sarebbero almeno 32mila stranieri irregolari in più”, dice Villa. Si stima che in Italia ce ne siano 500mila. “È un errore rispondere all’emergenza con misure che fanno aumentare l’irregolarità. Non si fa altro che peggiorare il problema, perché si condannano molte persone a lavorare in nero o a commettere reati”.

Tempesta perfetta

Le ong, ostacolate dal governo di Giorgia Meloni nel loro lavoro di salvataggio in mare, concordano sul fatto che di questo passo la situazione potrebbe diventare critica. Marco Bertotto, direttore dei programmi di Medici senza frontiere, ritiene che la causa sia anche l’“indebolimento del sistema d’accoglienza”: “Dal 2018 si è smesso d’investire e si è continuato ad agire secondo la logica dell’emergenza, che non aiuta quando ci si trova di fronte a numeri come questi. Il paese sta andando verso una crisi. E se ad aprile siamo già messi così, con la situazione in Tunisia, la nuova rotta turca che arriva in Calabria, la situazione in Libia e gli ostacoli all’attività di soccorso in mare, è evidente che stiamo andando verso una tempesta perfetta”.

Nessuno vuole chiamarla emergenza. Ma il quadro descritto è quello. “È una situazione difficile che non dovrebbe essere gestita dichiarando un’emergenza. Ma è preoccupante perché i numeri sono molto alti e abbiamo un sistema che non è preparato a gestirli”, insiste Bertotto. E questo è il principale timore del governo italiano, che di recente ha addirittura accusato il gruppo mercenario russo Wagner di alimentare le partenze dalla Libia (ipotesi smentita dagli esperti) come parte di una strategia di guerra ibrida contro le posizioni filoucraine di Roma. ◆ fr

Da sapere
Cambia il sistema dell’accoglienza

◆ “L’11 aprile il governo presieduto da Giorgia Meloni ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi in seguito all’arrivo via mare in Italia di oltre trentamila persone nei primi mesi del 2023 e in particolare per lo sbarco di tremila persone nel fine settimana di Pasqua. La maggioranza ha anche deciso di appoggiare la proposta della Lega di modificare il cosiddetto decreto Cutro, in discussione al senato a partire dal 18 aprile”, spiega Annalisa Camilli. Il decreto è stato emanato dopo il naufragio di un caicco vicino alla costa di Steccato di Cutro, in Calabria, in cui sono morti più di novanta migranti. Almeno una decina i dispersi. “Il testo”, prosegue Camilli, “prevede pene più severe per i cosiddetti scafisti, introduce il reato di ‘morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina’ e restringe il sistema dell’accoglienza. La proposta di modifica voluta dalla Lega limita la protezione speciale introdotta dalla ministra Luciana Lamorgese nel 2020. È un permesso di soggiorno per motivi umanitari che tiene conto della tutela del rispetto alla vita privata e familiare, vale a dire il grado d’integrazione della persona straniera. Le modifiche restringono la concessione dei permessi di soggiorno per calamità e di quelli concessi per cure mediche. Inoltre, i permessi per protezione speciale rilasciati agli stranieri per via di calamità e per cure mediche non saranno più convertibili in permessi di soggiorno per motivi di lavoro. I richiedenti asilo non entreranno più nel sistema di accoglienza nazionale, che sarà riservato solo a chi ha già ottenuto lo status di rifugiato. L’hotspot di Lampedusa sarà affidato alla Croce rossa italiana e sarà usato un traghetto di collegamento con la Sicilia per trasferire i migranti che arrivano sull’isola. L’Essenziale


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Questo articolo è uscito sul numero 1508 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati