Charles Burns è un entomologo e insieme un sismografo del mondo dei giovani. E questo fin dal voluminoso Black hole, un’opera di svolta nella storia del fumetto. Si può pensare, sotto questo aspetto, al cinema di David Cronenberg per il suo sguardo distaccato sugli esseri umani e il loro agire, un po’ come quello di uno scienziato che studia gli insetti. Ma anche per il lato mutante, per il rapporto con i corpi e con la carne. Tuttavia nei racconti di Burns, inversamente al cinema di David Lynch al quale per certi versi è molto vicino, gli adolescenti, anche se non privi di contraddizioni, sono perlopiù degli esseri teneri e spauriti, non ancora inghiottiti dal blob del cinismo che divora gli adulti. Qui, fin dal primo volume, c’è tanto cinema: L’invasione degli ultracorpi, horror di serie b se non c, film amatoriali di studenti. Ma la potenza delle singole vignette come delle tavole fa di Burns un geniale rielaboratore della pop art che trasfigura in una sorta di pop art della pop art, come abbiamo scritto altre volte. E nel raccontare con profondità la solitudine di esseri che cercano faticosamente di uscire dal bozzolo, o dal baccello, e più in generale il mistero delle relazioni umane, Burns costruisce potenti immagini raggelate, sospese, di giovani abbandonati nel bosco oscuro di una modernità senza futuro. L’opera di Burns ha una scorza oscura e cinica, ma racchiude una polpa umanistica.
Francesco Boille

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Questo articolo è uscito sul numero 1446 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati