“Ero un vero disadattato”. Questo diceva Carl Barks. Proveniente da una famiglia modesta e autodidatta, per lui il sogno di fare fumetti del futuro “uomo dei paperi” sembrava impossibile. Ma nel creare il mondo di Paperopoli (Duckburg) trasfigurò il proprio vissuto in una tragicommedia con animali antropomorfi. Ne risulta una commedia umana – nei suoi fumetti tutti vengono definiti come “esseri umani” – dalla forte carica satirica. Barks era un grande autore satirico, oltre che un grande autore di avventure, impregnato di senso del meraviglioso pur parodiando gli stereotipi del genere (tra cui la visione coloniale), e ispirando non poco Spielberg e Lucas per il ciclo di Indiana Jones. Ma fu prima di tutto un grande autore nel fotografare le dinamiche sociali mostrando quelle interpersonali attraverso il suo teatrino di paperi. Non è soltanto vero nel racconto d’apertura di questo undicesimo volume dell’integrale delle storie realizzate da Barks, incentrato sui bambini poverissimi del borgo di Agonia (uno dei suoi capolavori) ma è così sempre. Barks disseziona i meccanismi del capitalismo, la vera leva dell’alienazione e della cupidigia che sembra pervadere tutti. Anzi, nei suoi fumetti la meccanica del capitalismo pervade la meccanica dei comportamenti umani. E per lui il Natale era l’epicentro dell’ipocrisia della società statunitense e forse del genere umano.

Francesco Boille

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Questo articolo è uscito sul numero 1500 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati