Peccato che il generale Vannacci, con le sue teorie dal pleistocene, abbia incrinato la figura del milite. Il suo lascito letterario non giova a La caserma (Rai 2) e all’immagine dei graduati coinvolti. Impartiscono ordini alle reclute senza smontare lo sguardo severo, ma si fatica ad apprezzarne l’autorevolezza. Il reality, cugino del celebre Il collegio, vede dei ragazzi dai 18 ai 23 anni affrontare un rigido percorso militare. Tra addestramenti, corse zavorrate ed escursioni, impareranno la disciplina marziale, il lavoro di gruppo e i valori del buon soldato. Un trionfo di mimetiche e di lazzi retorici, senza cellulari né armi. In una scena particolarmente efficace, un coscritto raccoglie lo sconforto di una collega che ha nostalgia della famiglia. Lui l’ascolta, lei si sfoga, dice che è la prima volta che vive senza i suoi e le manca condividere i sentimenti di quei giorni. Il soldato, che sta montando la guardia, strappa un foglio del registro e le propone di scrivere una lettera alla madre per raccontarle ciò che avrebbe voluto dirle a voce. Tra le lacrime, la giovane recluta mette su carta i suoi pensieri e torna nella camerata sollevata. Quando il giorno dopo il caporale indaga su chi abbia strappato il foglio dal sacro registro, la ragazza denuncia senza scrupolo l’affettuoso piantone, che come da manuale viene punito. Una scorrettezza che i superiori apprezzano, perché sia chiaro anche nei reality: à la guerre comme à la guerre. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1539 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati