Dall’introduzione di Rebecca Solnit alla raccolta di saggi Not too late sull’emergenza climatica:

“La speranza è diversa dall’ottimismo. L’ottimismo presuppone il meglio e la sua inevitabilità, il che porta alla passività, proprio come il pessimismo e il cinismo che presuppongono il peggio. Sperare, come amare, significa correre dei rischi ed essere vulnerabili agli effetti di una perdita.

Significa riconoscere l’incertezza del futuro e impegnarsi a cercare di partecipare alla sua creazione. Significa affrontare le difficoltà e accettare l’incertezza. Sperare significa riconoscere che si può proteggere qualcosa di ciò che si ama anche se si soffre per ciò che non si può proteggere – e sapere che dobbiamo agire senza conoscere l’esito di queste azioni.

Più e più volte il mondo è stato cambiato da persone che, all’inizio, sembravano troppo deboli per sfidare le istituzioni più potenti del loro tempo. Sperare significa accettare la disperazione come emozione ma non come analisi. Riconoscere che ciò che è improbabile è possibile, così come ciò che è probabile non è inevitabile. Capire che difficile non equivale a impossibile. Pianificare e accettare il fatto che l’imprevisto spesso sconvolge i piani, sia in meglio sia in peggio.

Sapere che i potenti hanno le loro debolezze e che noi, che in teoria siamo deboli, abbiamo un grande potere insieme, il potere di cambiare il mondo, lo abbiamo fatto in passato e lo faremo ancora. Sapere che il futuro sarà come lo costruiamo nel presente. Sapere che la gioia può apparire nel bel mezzo di una crisi e che una crisi è un bivio.

Forse la speranza è il coraggio di perseverare quando vincere sembra difficile; forse non è la speranza ma la fede che sostiene le persone quando il successo sembra inconcepibile.

È in questo senso che ne parla il drammaturgo Václav Havel, che è stato un catalizzatore della rivoluzione e del cambio di regime in Cecoslovacchia negli anni settanta e ottanta: ‘La speranza non è la convinzione che qualcosa andrà bene, ma la certezza che vale la pena fare qualcosa a prescindere da come andrà a finire’”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1509 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero | Abbonati