Anche se dovrebbe essere un passaggio importante in qualsiasi ricerca scientifica, è piuttosto raro, soprattutto nelle discipline umanistiche (sottoposte spesso a un più debole processo di verifica), che uno studioso tracci un bilancio di ciò che ha fatto, cercando di capire cos’ha funzionato e cosa no. In questa raccolta di saggi, lo fa con grande onestà e chiarezza Franco Moretti, esperto di letteratura inglese e comparata, relativamente a una parte dei suoi studi: l’analisi quantitativa della letteratura, resa possibile in tempi recenti dalla digitalizzazione di migliaia di testi e dalle tecniche di analisi informatiche a cui dal 2010 ha contribuito direttamente, guidando il Literary lab dell’università di Stanford, in California.

Da sempre interessato a combinare lo studio delle forme letterarie e quello del contesto storico in cui sono prodotte, Moretti passa in rassegna le digital humanities del campo letterario per scoprire che le minuziose analisi quantitative suggerite dalle nuove tecnologie (di titoli, di dialoghi teatrali, ma anche delle parole usate in certi testi, della lunghezza delle frasi o delle inquadrature cinematografiche) non permettono ancora di produrre una teoria dell’evoluzione letteraria. Facendolo, mostra quanto sia importante riflettere sui presupposti teorici delle indagini che si compiono e quanto possa essere rischioso lasciarsi guidare dalle tecniche a disposizione. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1445 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati